Persi quasi 1.500 posti di lavoro per la pandemia, ma i contratti stanno ripartendo

Lunedì 20 Luglio 2020 di Francesco Campi
La crisi per la pandemia fa sentire gli effetti con posti di lavoro persi
ROVIGO Un leggero miglioramento del quadro occupazionale, anche se sarebbe meglio dire una diminuzione del peggioramento, che vede anche nel report di Veneto lavoro aggiornato al 12 luglio, il Polesine come la provincia veneta meno colpita dalle ripercussioni del Coronavirus sul fronte dei posti di lavoro, come del resto anche dal punto di vista sanitario. La contrazione occupazionale, infatti, è inferiore a quella delle altre aree del Veneto sia in termini assoluti che percentuali.
Dall’inizio dell’anno al 12 luglio, rispetto allo stesso periodo del 2019, in Polesine mancano all’appello 1.491 posti di lavoro, pari a una flessione del 24,37% fra i due saldi occupazionali, ovvero la differenza fra i contratti terminati e quelli attivati. Si tratta indubbiamente di una cifra purtroppo decisamente cospicua, soprattutto se si considera la già cronica fragilità del tessuto socioeconomico polesano.

IL CONFRONTO
Tuttavia, la situazione appare molto meno nera se paragonata con quella di una provincia che seppur diversa per caratteristiche geografiche, presenta molte analogie, come quella di Belluno.
Nello stesso periodo la provincia dolomitica ha perso 2.761 posti di lavoro, con un calo percentuale pari addirittura al 134,88%. L’emorragia più consistente, in numeri assoluti, è quella registrata dalla provincia di Venezia con meno 24.554 posti di lavoro, pari a meno 56,96%, seguita da Verona con meni 15.764 posti per un meno 49,28%. Più contenute, ma sempre ingenti, le perdite occupazionali di Padova a meno 6.520 posti (67,4%), Treviso persi 5.337 posti (54,15%) e Vicenza meno 3.373 posti (56,57%).

PROTEZIONE SOCIALE
Un quadro nerissimo, anche in considerazione del fatto è ancora in vigore la moratoria sui licenziamenti, con una “bolla” che potrebbe scoppiare aggravando ulteriormente la situazione occupazionale. Il blocco dei licenziamenti e l’estensione della cassa integrazione, infatti, fanno parte del pacchetto di misure che rientrano nello stato di emergenza in scadenza al 31 luglio. Sull’annunciata proroga è poi arrivata una marcia indietro per giochi politici di natura più mediatica che pratica. Senza ulteriori interventi, ad agosto o alla ripresa a settembre, potrebbe crearsi una situazione di totale insostenibilità.
«Ci attende un autunno di sfide difficili e di grande incertezza - ha ammesso l’assessore al Lavoro Elena Donazzan all’esecutivo seminariale della Uiltec Veneto e Venezia centro orientale - ci scontreremo con difficoltà che potranno essere superate solo con un rafforzamento del capitale umano, ripensando gli ammortizzatori sociali e riducendo il costo del lavoro. Restano da valutare gli effetti del blocco dei licenziamenti e dell’estensione della cassa integrazione a buona parte della platea di lavoratori dipendenti, due provvedimenti che hanno contribuito a limitare il numero di cessazioni nel periodo di emergenza e che saranno probabilmente prorogati fino alla fine del 2020. Credo che gli ammortizzatori sociali, così come li abbiamo conosciuti, non siano più sostenibili».
In quella stessa sede, il segretario generale Uiltec Veneto Giampietro Gregnanin, rodigino, già consigliere comunale Pd, ha commentato i dati che indicano come per oltre il 54% delle aziende venete il fatturato, fra marzo e aprile, si è ridotto di più della metà rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con il 12,6% che in questi due mesi ha avuto fatturato zero.

L’ANDAMENTO
Tornando ai dati di Veneto lavoro, va notato come nei primi 12 giorni di luglio, la differenza fra nuovi contratti e contratti cessati, pur positiva, più 4.628 posti di lavoro, è inferiore a quella dello scorso anno di 111 unità. «Il saldo occupazionale di inizio luglio - nota Veneto lavoro - è dappertutto positivo, ma risulta in genere più basso rispetto a quello del corrispondente periodo del 2019, a eccezione di Venezia (dove è addirittura superiore del 58%) e di Verona (14%), contesti nei quali conta l’effetto “ritardato” dell’inizio della stagione estiva. I dati delle ultime settimane confermano e accentuano i segnali di recupero rilevati nei mesi di maggio e giugno, portando in luglio a un saldo di più 21.400, superiore a quello dell’omologo periodo dell’anno precedente. Questi miglioramenti sono l’esito essenzialmente della progressiva riduzione del differenziale tra 2019 e 2020 nel numero di assunzioni (meno 34% in maggio e 19% in giugno, meno 9% nei primi 12 giorni di luglio; il 23 febbraio e il 3 maggio la variazione era stata pari a meno 61%). È evidente che i danni occupazionali subiti nella fase di lockdown non risultano recuperabili integralmente nel breve periodo, conforta la constatazione che la flessione occupazionale sia stata arrestata e che vi siano indizi di avvio del recupero».
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