Il Veneto riscopre la via della seta
Imprese: tradizione e affari d'oro

Lunedì 28 Dicembre 2015 di Umberto Sarcinelli
Il Veneto riscopre la via della seta Imprese: tradizione e affari d'oro
La via della seta italiana del terzo millennio non percorre più le strade d’Oriente, oggi peraltro pervase dalla guerra, ma è una rete d’imprese d’eccellenza che comprende tutta la filiera della bachicoltura, dall’uovo al filato e da questo al prodotto finale, sia esso di lusso o di impiego biomedico. E ha il suo centro gravitazionale a Padova.

Seta, ovvero "cavalieri", bruchi, e gelsi, bozzoli e filande, il perno dell’agricoltura e dell’economia veneta e friulana fino a trenta-quarant’anni fa. Per i contadini l’allevamento dei bachi da seta voleva dire incassare i primi, importantissimi, soldi dell’annata, in attesa dei raccolti. Un reddito che diventava essenziale per tutto l’anno. La nascita di nuovi filati tecnologici e la concorrenza imbattibile della Cina, oltre che a fattori ambientali (inquinamento, parassiti) hanno cancellato questo "oro" del Nordest rurale. Paradossalmente adesso è proprio l’oro a far rinascere l’antico prodotto, alzandolo a livello di eccellenza assoluta.

Daniela Raccanello e Giampietro Zonta, di Nove, Vicenza, uniti nella vita, nella passione, nell’arte e nel lavoro hanno avviato, 26 anni fa la D’Orica, un’azienda orafa che ha conquistato i mercati mondiali con raffinate lavorazioni rigorosamente fatte a mano, di alta creatività. Sempre tesi a superare la loro già notevole eccellenza hanno ritrovato nella storia e nella cultura della propria terra l’idea vincente: abbinare all’oro la seta, rigorosamente made in Italy e rigorosamente bio e etica.

Un’idea, un seme, che ha attecchito quando si sono rivolti al Crea di Padova e in particolare all’Unità di apicoltura e bachicoltura, che dal 1871 conserva una delle più importante banche genetica mondiali del bombice, il lepidottero il cui bruco è in realtà il baco da seta. Sotto la direzione di Silvia Cappellozza, che ha ereditato dal padre passione, competenza e responsabilità del centro, vengono conservati 200 razze di purezza, oltre a circa sessanta varietà di gelso, la cui foglia è l’indispensabile alimento per le larve. Poi è stata riesumata una "filandina" del 1971, macchina a suo tempo innovativa che serviva a testare la qualità dei filati. La "rete" della seta si allarga con imprenditori e manager che vedono nel ritorno di un’antica produzione un’occasione di sviluppo. Ma a certe condizione. Primo che la filiera sia al 100 per 100 italiana, biologica e etica. Cioè il prezzo del bozzolo lo fanno gli allevatori, non i compratori, garantendo un guadagno equo e la protezione nei riguardi di future speculazioni.

Un chilogrammo di bozzoli di prima scelta è venduto a 18 euro, 12 se è di seconda scelta. Secondo che tutto sia tracciabile e biologico. Bachi da seta e gelsi sono un indicatore ambientale formidabile: non sopportano veleni, pena un drastico calo di quantità e qualità. E’ quello che sta accadendo in Cina, dove la produzione diminuisce e la qualità è precipitata.
Così la seta italiana diventa in pochissimi mesi un must di qualità ineguagliata. La D’Orico non è l’unica azienda ad avvantaggiarsene per le proprie creazioni. Il bombice è una vera miniera d’oro: dal bozzolo si estraggono prodotti per la cosmesi come la sericina e un’altra proteina come la fibroina, dalla potente azione antibatterica che viene sfruttata in medicina, per non parlare della stessa seta, filato ideale per le suture, anche interne. In questo campo il Crea sta conducendo importanti ricerche.

La "via della seta italiana" trova sostegni nella regione Veneto e nell’Ue e così la produzione, rigorosamente certificata, passa da pochi chilogrammi nel 2014 a quasi mezza tonnellata quest’anno. Certo, è poca cosa rispetto alle 2500-3000 tonnellate di importazioni dalla Cina, ma costituiscono l’eccellenza mondiale, un prodotto unico, dalle potenzialità non totalmente esplorate.
Le basi dell’impresa sono solide, le capacità consolidate: ci sono tutti i presupposti perché la sete torni a essere un importante settore economico non solo nel Nordest.
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