Imu, 50 sindaci veneti la spuntano sui ministeri nel passaggio dall'Ici

Lunedì 28 Novembre 2022 di Angela Pederiva
Imu, 50 sindaci veneti la spuntano sui ministeri nel passaggio dall'Ici

VENEZIA - Ci sono voluti dieci anni, ma alla fine i Comuni del Veneto hanno vinto la battaglia contro lo Stato sugli effetti contabili del passaggio dall'Ici all'Imu.

Con una sentenza depositata nei giorni scorsi, infatti, il Tar del Lazio ha accolto il ricorso dell'Anci e di 50 municipi, fra cui quelli di Padova, Treviso, Belluno e Verona. Ora i ministeri dell'Interno e dell'Economia «dovranno procedere a rideterminare le necessarie compensazioni e variazioni nelle assegnazioni da federalismo municipale per l'anno 2012», visto che all'epoca i calcoli erano stati sbagliati a causa dell'utilizzo di dati scorretti: uno svarione, avevano protestato i sindaci, da 549 milioni di euro.


IL FONDO
Premessa: l'Imposta municipale propria (Imu) aveva sostituito, per la componente immobiliare, l'Irpef e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari per i beni non locati, nonché l'Imposta comunale sugli immobili (Ici). Allo scopo di «realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione ai Comuni della fiscalità immobiliare», il governo Monti aveva istituito per un triennio il Fondo sperimentale di riequilibrio (Fsr), destinato appunto a colmare il divario tra il vecchio gettito e quello nuovo. Come lamentato dagli enti locali, però, i dicasteri avevano commesso due errori: da un lato avevano «trasformato il gettito Ici in un'entità oggetto di stima, facendo applicazione di criteri approssimativi»; dall'altro avevano stimato l'incasso Imu considerando «componenti aggiuntive non dovute e non attendibili».


LA FORBICE
In sostanza i primi cittadini si sarebbero aspettati che gli uffici ministeriali accertassero il gettito effettivo del vecchio tributo, «ricavandolo dai certificati di conto consuntivo che i Comuni sono tenuti ad inviare periodicamente all'amministrazione centrale», e lo confrontassero con l'incasso stimato della nuova imposta, quantificandolo secondo princìpi di «prudenza, oggettività e precisione». Il problema è che in Italia non tutti i municipi avevano presentato i certificati di conto consuntivo, o magari li avevano trasmessi in modo incompleto. Per quanto riguarda l'introito dell'Ici, perciò, i tecnici avevano usato i numeri contenuti nelle banche dati a scopi statistici e avevano effettuato una valutazione attraverso un algoritmo, peraltro non avvedendosi che nel corso dei mesi l'Istat aveva alzato la propria stima «da 9.193 milioni a 9.657 milioni di euro, con un incremento di ben 464 milioni». Quanto alle previsioni relative all'Imu, inoltre, era stato previsto un incasso di 12.252 milioni anziché di 11.703, poiché erano stati inclusi pure 304 milioni «dal gettito puramente virtuale» dell'imposta applicata sugli immobili di proprietà comunale. Di conseguenza la forbice tra i due tributi si era incrementata al punto da assottigliare le compensazioni a favore degli enti locali.


LE MOTIVAZIONI
I rilievi comunali sono stati in parte accolti dai giudici amministrativi. È stata infatti stabilita l'illegittimità dei provvedimenti impugnati perché per l'Ici è stato impiegato «un dato statistico in luogo del dato effettivo», oltretutto «non aggiornato», mentre per l'Imu è stata sovrastimata la previsione, dal momento che «il reddito catastale relativo agli immobili di proprietà comunale non produce un gettito reale, in quanto idealmente versato dal Comune a sé stesso». Pertanto i conti dovranno essere rifatti: al rialzo.
 

Ultimo aggiornamento: 15:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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