Fase 2, altre 180 mila imprese attive con 580 mila addetti. Ancora fermi quasi 300 mila lavoratori

Martedì 5 Maggio 2020
Fase 2, altre 180 mila imprese attive con 580 mila addetti. Ancora fermi quasi 300 mila lavoratori
VENEZIA - Alla luce dell'ultimo Dpcm 26 aprile 2020, e sulla base del codice Ateco prevalente, altre 180.000 imprese venete ieri hanno potuto riaprire i cancelli. Più di 580.000 gli addetti «teoricamente» interessati, di cui 460.000 dipendenti. Di questi, il grosso (oltre 300.000 dipendenti) riguarda il manifatturiero, 50.000 dipendenti riguardano il commercio all'ingrosso, altri 40.000 riguardano l'edilizia. Il «teoricamente» è d'obbligo, come più volte rimarcato, perché le possibili riaperture (a pieno o parziale organico) sono condizionate non tanto ormai dal decreto, ma dai mercati, dalla continuità di funzionamento delle filiere (approvvigionamenti, lavorazioni terziste), e dall'attuazione delle misure previste in azienda per garantire il contenimento dei contagi. Sulla carta, dal 4 maggio l'economia veneta è quasi completamente fuori lockdown: per l'82% delle sedi di imprese e filiali operanti nel territorio regionale, e per quasi l'87% degli occupati dipendenti.

I settori di attività ancora al palo sono diversi. Il commercio al dettaglio non alimentare: come noto, una parte di attività è autorizzata (farmacie, prodotti igienico-sanitari, tabacchi, ferramenta, prodotti Ict e materiale elettrico, abbigliamento per bimbi, librerie, cartolerie, fiori), ma la parte non in attività (in particolare tutta la moda, ma non solo) obbliga ancora alla chiusura 33.000 tra sedi d'impresa e unità locali, cui fanno riferimento quasi 70.000 addetti (fra dipendenti e indipendenti: sono da tenere insieme entrambe le categorie pensando ai piccoli negozi dove operano i famigliari del titolare). L'alloggio e la ristorazione: al netto degli alberghi e dei servizi di ristorazione da asporto, restano ancora in lockdown circa 30.000 imprese e filiali, cui fanno riferimento oltre 134.000 fra addetti dipendenti e indipendenti. La stima presenta alcune criticità per più motivi: non si conosce quanti bar e ristoranti si sono organizzati per il servizio di asporto; inoltre, per prudenza, sono stati ancora conteggiati come fermi i servizi mensa e catering (muovono 12.000 addetti), non potendo verificare, a tavolino, se soddisfano le condizioni operative poste dal decreto. Infine, una buona parte dei servizi alla persona: oltre 21.000 imprese ancora in lockdown, per un totale di 52.000 addetti.

Il presidente di Unioncamere del Veneto, Mario Pozza, commenta così i dati: «E' evidente che  turismo, ristorazione e alcuni settori come commercio, parrucchieri ed estetiste rimangono chiusi e questo non può che creare grande preoccupazione, ma ci auguriamo che l'apertura sia solo questione di tempo, altrimenti rischiamo di lasciare sul campo molte attività, il che significa lavoratori e famiglie che non riescono a sbarcare il lunario. Le proteste di questi giorni nei piccoli e grandi centri non sono una semplice lamentela, ma un grido d'allarme di chi non vuole tenere le serrande abbassate per sempre. E se non diamo loro l'opportunità di lavorare questa protesta rischia di trasformarsi nei prossimi mesi in un vera e propria bomba sociale». Il Presidente ha sottolineato, però, l'importanza della riapertura di diverse aziende: «La movimentazione sulle strade e nei parcheggi delle fabbriche è un segnale positivo e importante che rappresenta, senza ombra di dubbio, un'iniezione di fiducia. E' il segno concreto di un ritorno alla normalità e testimonia il fatto che le aziende si sono rimesse in moto. Per questo mi auguro che la filiera della componentistica e della fornitura di materiali alle aziende vada a regime il più presto. Nei prossimi giorni ci aspettiamo dal Governo la concretizzazione e la messa a terra dei provvedimenti e delle risorse annunciate a favore delle imprese. Non possiamo più aspettare e gli interventi devono arrivare senza intoppi e in modo rapido per accompagnare e supportare la ripartenza delle aziende. Per questo accanto agli interventi serve un intervento shock sulla burocrazia per snellire procedure e richieste e allentare i vincoli degli adempimenti che rallentano la ripresa e rappresentano per lavoratori ed imprenditori un freno talvolta insormontabile. Dopo l'emergenza sanitaria il rischio è che il virus della burocrazia ci impedisca di tornare a correre e questo non deve accadere».
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