Commercialisti e notai "amici": «Così
svuotavo aziende e prestavo soldi a usura»

Giovedì 13 Settembre 2012 di Gianluca Amadori
L'organigramma del gruppo che faceva capo a Crisci
VENEZIA - Ho gestito in maniera oculata e professionale un’attivit delinquenziale. Mario Crisci ha sintetizzato cos davanti ai giudici il proprio ruolo nell’organizzazione criminale messa in piedi dal nulla dopo il fallimento di un’attività commerciale lecita che lo aveva lasciato completamente a terra, senza un soldo.



«Ero il vertice del gruppo», ha ammesso il "dottore" raccontando l’ambito d’azione della sua società, l’Aspide di Padova, ma anche i metodi utilizzati per riscuotere i crediti dai vari clienti: minacce, aggressioni fisiche, pestaggi, qualche schiaffo e offesa. «A volte è perché preso dall’ira ho esagerato...», si è giustificato, cercando di ridimensionare la portata delle pesanti imputazioni che gli vengono contestate, nelle quali si fa anche riferimento all’uso di una pistola, utilizzata in particolare in un’occasione per intimidire un imprenditore. «Io ho sempre detto che non bisognava andare in giro armati - ha spiegato - Avevamo un’arma, quell’arma automatica all’interno dell’ufficio doveva servire per tutelarci perché comunque gestivamo anche abbastanza contante».



LE MOZZARELLE - Crisci ha cercato di ridimensionare l’importanza della sua organizzazione anche in relazione ai presunti legami con il gruppo camorristico dei cosiddetti "casalesi", negando sia di aver mai avuto contatti con il boss Iovine e i suoi uomini (rapporti di cui peraltro non vi è alcuna traccia agli atti dell’inchiesta al di là di qualche frase pronunciata da alcuni sodali per intimidire i clienti), sia di aver mai fatto riferimento ad un’affiliazione con Casal di Principe per rendere più "convincenti" le minacce agli imprenditori. «Non è venuto mai nessun personaggio proveniente dal meridione - ha assicurato il "dottore" - Sicuramente ho incontrato qualche delinquente locale...». Quanto alle mozzarelle di Casal di Principe regalate ad alcuni imprenditori e ritenute dal pm una chiara intimidazione, Crisci ha negato con decisione spiegando che al contrario si trattava di un gesto di cortesia e gentilezza: «Ero solito portare mozzarelle a tante persone che stavano al Nord... che questa potesse essere considerata una minaccia...».



I COMPLICI - Il prestito di denaro a tassi usurai era soltanto una delle attività del gruppo, ma non il principale. Crisci ha raccontato di aver messo in piedi un’organizzazione che offriva agli imprenditori in difficoltà la possibilità di risolvere ogni problema, "svuotando" l’azienda in crisi e costruendo una nuova "scatola" di proprietà del gruppo, formalmente intestata ad un prestanome e di fatto gestita dai titolari della vecchia società, i quali in questo modo potevano proseguire a lavorare liberi da ogni rischio di fallimento. In cambio gli imprenditori si sarebbero prestati a commettere illeciti: evasioni fiscali e contributive in primis. «In ogni iniziativa commerciale che abbiamo gestito sotto forma di liquidazione della "bad company" abbiamo costituito delle nuove società per farle lavorare - ha precisato Crisci - In molti casi gestivo direttamente io l’attività contabile...».



BAD COMPANY - Crisci pretendeva un fisso per liquidare la "bad company" (accollandosi gli eventuali problemi legati a debiti e bancarotte) nonché la percentuale di un terzo delle entrate della nuova "good company": guadagni resi possibili dal fatto che l’accordo prevedeva che non si pagassero né tasse, né contributi previdenziali. L’ammontare degli utili veniva comunicato di volta in volta direttamente dagli imprenditori e Crisci si fidava sulla parola: ma qualcuno ha cercato anche di fare il furbo, scatenando la conseguente reazione dell’organizzazione.



TUTTO SU INTERNET - Le persone «sono venute loro da noi perché tramite il passaparola si sapeva che io facevo un certo tipo di operazione - ha spiegato Crisci - Molti sono arrivati tramite dei commercialisti... alcuni clienti sono arrivati tramite un sito Internet sul quale in maniera molto chiara ed inequivocabile c’erano le tariffe per tutti i servizi che prestavo... Era su Google nei primi posti nei motori di ricerca per parole chiave come liquidazione società, evasione fiscale... Ogni volta che ho cominciato un rapporto con una persona ho sempre fatto presente quello che facevamo, proprio per evitare che potessero sorgere problemi successivamente e che la persona si potesse dissociare...».



LA CONTABILITÀ - Crisci ha raccontato che non c’era alcun quadernetto con l’elenco dei creditori: «Riesco a tenere bene o male a mente tutte le situazioni, non mi sfugge niente», ha dichiarato il "dottore", spiegando che esisteva soltanto un foglio excel. La contabilità mensile era "semplificata" e se ne occupava Crisci in gran parte, con un sistema del tutto personale che gli consentiva di tenere tutto sotto controllo: incassava le rate dei prestiti e la percentuale sugli incassi e poi il foglio veniva gettato. «Ogni fine mese si chiudevano i conti». Le eventuali quote non riscosse figuravano sul foglio del mese successivo. A fine mese Crisci versava lo "stipendio" ai prestanome (500 euro) e le commissioni agli intermediari, «indifferentemente se il cliente pagava o non pagava - ha precisato Crisci - Ero io ad assumermi il rischio imprenditoriale». Salvo poi riscuotere il dovuto dai clienti con metodi non proprio gentili.



I COMMERCIALISTI - «Generalmente erano tutti quanti d’accordo» ha spiegato il capo della banda, precisando che in molti casi erano proprio i professionisti a portare i clienti ad Aspide. «Generalmente ho parlato con i commercialisti, ho fatto presente quello che facevamo... quindi ognuno di loro lo sapeva...».



I NOTAI - Nel corso degli interrogatori Crisci ha parlato anche del ruolo dei notai presso i cui studi professionali venivano firmati gli atti di cessione delle società: «I notai mi consentivano di apporre clausole di presa visione dei bilanci - ha dichiarato ai giudici - Sicuramente sapevano che le persone che andavano a firmare non erano in condizioni di prendere visione della documentazione contabile perché in buona parte sono praticamente analfabeti». Il "dottore" ha riferito che il notaio utilizzato principalmente in Veneto usufruì personalmente dei servizi della sua organizzazione per recuperare il credito vantato nei confronti di un barista che non gli voleva pagare la parcella: «Il notaio era particolarmente disponibile nei nostri confronti».
Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 19:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci