C'è voluto quasi mezzo secolo di critica letteraria, per Paolo Leoncini, ma alla fine il risultato è stato raggiunto. Ecco Letteratura veneta tra 900 e Duemila (Canova 28 euro) riunendo così in un volume 21 interventi sui grandi autori della nostra regione: Valeri, Facco De Lagarda, Noventa, Piovene, Barbaro, Tomizza, Ghirardi, Trotta, Dal Zotto, Carrer, Giusti.
ITINERARIO LETTERARIO
Il volume non si pone su un piano di esaustività da manuale ma gravita attorno ad alcune personalità di scrittori come Giacomo Noventa e Diego Valeri: nucleo gravitazionale che costituisce una base allargatasi poi verso altri autori che stanno assieme nell'atto di una scrittura che dà forma alla vita. Di Giacomo Noventa si vuole sottolineare la tensione filosofico-religiosa; di Valeri il discorso punta alla poetica così come nella prosa. Di Paolo Barbaro, Leoncini considera buona parte della narrativa e la trilogia veneziana dei diari-racconto (Lunario veneziano, Venezia l'anno del mare felice, La città ritrovata, a cui si possono aggiungere i racconti lagunari Ultime isole) dove Venezia diventa la città-evento che coesiste tra l'intensità dell'esperienza visiva e la sua rivelazione.
NOVENTA E TOMIZZA
Del vicentino Guido Piovene è affrontato il reportage mediorientale La gente che perdè Ierusalemme, il cui titolo riprende un verso di Dante: motivato dalla lettura sociale, piuttosto che politica sui luoghi del Medio Oriente pre e post-Islam. Nell'ordine dei saggi raccolti, troviamo De Lagarda, col quale ci riaffacciamo al tradizionalismo ottocentesco con il recupero della tradizione anti-romantica. Quindi, nell'ambito del Veneto adriatico, Fulvio Tomizza di cui Leoncini configura una visione panoramica del periodo giovanile e sul ricordo dell'Istria così come per autori come Giulio Ghirardi, Fabia Trotta per giungere a Fulvia Dal Zotto e la sua poetica che idealizza il mondo delle colline attorno a Valdobbiadene; a Piero Carrer e i suoi testi in lingua e in dialetto trevigiano da cui il critico prende avvio per comprendere la coscienza interiore del poeta, tra i cui versi si annida il dramma del poeta/uomo, che accetta di vivere in un mondo tecnologicamente sconvolto, dove la poesia è una corsia d'emergenza fino a Francesco Giusti, giunto al dialetto dall'esperienza in lingua. Quello che emerge dal libro è che gli autori veneti si tengono insieme nell'atto di intendere la poesia come scrittura-umanità, entro cui esercitano un'attenzione pluridimensionale, comunque derivante dal fenomeno antropologico dell'esistere, in tutte le sue sfaccettature, che prendono voce nel valore della scrittura.