Fiabe venete, così era il nostro filò: l'antologia dei testi censiti da due studiosi austriaci

Domenica 4 Aprile 2021 di Nicoletta Cozza
Fiabe venete, così era il nostro filò: l'antologia dei testi censiti da due studiosi austriaci

Le avevano raccolte con metodo etnografico.

Tra i monti, le pianure e le campagne di Vicenza, Belluno e Padova. Un lavoro certosino, culminato poi un secolo e mezzo fa in una pubblicazione in lingua tedesca, uscita a Vienna. Un sodalizio, il loro, frutto di un incontro casuale nella città berica tra due austriaci che avevano in comune la passione per la ricerca storica e in particolare per le vicende dell'antica colonizzazione tedesca del vicentino, e della quale ravvisavano evidenti tracce nell'aspetto fisico e nelle caratteristiche morali delle genti di quelle zone. Adesso quella pubblicazione è tornata d'attualità grazie alla nuova versione in italiano curata da Italo Sordi, 85 anni, milanese di origine, per lungo tempo docente di Storia delle tradizioni popolari e Antropologia visiva a Ca' Foscari, il quale l'ha tradotta in italiano in maniera rigorosamente fedele ai testi originari e data alle stampe con una veste tutta nuova.

FANTASIA E STORIA


È uscito da poco il libro Fiabe del Veneto (edizioni Cierre), che comprende 21 racconti raccolti da Georg Widter e Adam Wolf, con paralleli e riscontri curati da Reinhold Köhler, che il professore universitario ha riproposto ora pari pari, lasciando l'impronta prestigiosa che il volume aveva avuto a suo tempo. Le varie peregrinazioni avevano portato i due studiosi a imbattersi con le tradizioni orali degli uomini e delle donne venete di cui si occuparono fino al 1862, mentre il lavoro dato alle stampe nel 1864 apparve in una sede prestigiosissima quali i Rendiconti dell'Imperiale Accademia delle Scienze di Vienna. Uno di loro proseguì la raccolta dopo che sul suo compagno era ritornato in patria: visitava soprattutto i silenziosi villaggi di montagna, lontani dalle grandi vie di comunicazione, dove si faceva cantare canzoni e raccontare fiabe da vecchie donne, da ragazze di paese sulla soglia di casa, e le trascriveva in dialetto. E alla fine, oggi, ne è emerso un quadro dettagliato di quel mondo perché, accanto ai modi di vita e di pensiero dei contadini, in parte simili e in parte diversi, o addirittura opposti, dei braccianti, dei montanari, dei pastori, dei pescatori, degli artigiani e degli operai.


I PARTICOLARI

Ed è proprio Sordi a illustrare come è nato il progetto di recuperare nel 2021 quest'opera datata 1866. «All'epoca - spiega il curatore - c'era la propensione a raccogliere e a registrare le favole utilizzando le parole di chi le raccontava, non certo come narrazioni di tipo letterario. E infatti nell'edizione originaria non abbiamo una rielaborazione colta, ma la versione esatta di quanto avevano raccolto queste due persone che per caso si erano incrociate a Vicenza: uno, Widter, era direttore delle Poste all'ombra dei Berici, mentre l'altro, Wolf, professore di Storia Contemporanea all'Ateneo di Graz. Insieme hanno setacciato le province venete alla ricerca di documenti storici, manoscritti, ruderi, carte, chiese e castelli, in qualche modo legati alle antiche vicende della regione. Ma, senza che lo avessero messo in conto, i due amici si imbattono in un vero e proprio tesoro, costituito dalla ricchezza e dalla bellezza del patrimonio popolare di queste zone. Nutrono una grande simpatia per le popolazioni contadine e si appassionano a tal punto che mettono da parte le altre ricerche per concentrarsi esclusivamente sui canti e sulle favole che pubblicheranno poi a pochi mesi dall'annessione all'Italia delle province venete, affiancando ai testi delle fiabe un commento comparativo di cui si è occupato Köhler, che è un un insigne folclorista».


I CONTENUTI ORIGINALI

Il professor Sordi, che aveva effettuato gli studi in Germania e conosce il tedesco alla perfezione le ha tradotte, senza però, minimamente intervenire sul contenuto. «Ho deliberatamente lasciato tutto com'era, perchè il sapore del passato deve rimanere intatto. Il linguaggio, quindi, è lo stesso e le loro espressioni non sono state rielaborate, così come non ho messo mano al commento dell'amico-raccoglitore Köhler, il quale rivela, e mette in evidenza, le sorprendenti analogie che legano il patrimonio del Veneto alle tradizioni di tutta Europa, portando a confronto le favole venete con quelle degli altri popoli, E dal suo lavoro risulta evidente questo quadro sconcertante, in quanto alla fin fine i racconti risultano identici a ogni latitudine europea. In sostanza, quindi, i contadini veneti dell'Ottocento condividevano il mondo dell'immaginazione dei loro colleghi russi, spagnoli, o irlandesi. Certo, c'è qualche piccola differenza, che è bello osservare, come prova dell'inventiva all'interno, però, di un'unica impronta sostanziale».


LE DESCRIZIONI

Secondo il curatore attuale il racconto più suggestivo è quello intitolato Il principe con la pelle di porco. «Mi è piaciuto in modo particolare perché è caratterizzato da una strana immaginazione, sfrenata a tal punto da far convivere magia e realismo. Con questi due ingredienti, quindi, da un lato abbiamo trasformazioni che ci propongono animali che parlano, o uomini che volano, e dall'altro situazioni grottesche, ma realistiche. Il tutto nell'ambito di descrizioni della realtà contadina di ogni giorno. Che sono poi l'essenza di questa favole venete. Non mancano alcuni modesti artifici stilistici, come le frequenti variazioni dei tempi dei verbi, o il passaggio dal tu al voi o viceversa, in funzione espressiva».


«Inoltre - annota ancora Sordi - va ricordato che il metodo del Köhler è semplice: egli individua la struttura narrativa essenziale di ciascun racconto e identifica gli intrecci analoghi presenti in tutte le altre raccolte di fiabe fino ad allora pubblicate analizzando un numero di testi sterminato. E vengono citati racconti olandesi, islandesi, tedeschi, spagnoli, gaelici, polacchi , finlandesi, estoni sloveni, serbi, russi, francesi, norvegesi». «Il passo successivo - osserva ancora il curatore-traduttore - consiste nello smontare, per così dire, ciascun racconto nei singoli elementi narrativi che lo costituiscono: quello che ne risulta è una specie di foresta di analogie stupefacenti, ma precise».


Dalle favole della tradizione del nostro territorio emerge anche l'identikit di chi lo abitava, come scontentò lo stesso Wolf nella prefazione datata 1865. «Nel Veneto nella stagione invernale giovani e vecchi si riuniscono nei filò. Come in tutta Italia la festa si riduce a poca cosa: ognuno porta una fetta di polenta, molti contribuiscono con un po' di vino, ma si chiacchiera, si racconta, si scherza, si ride come se la vita non comportasse bisogni e miseri. Il carattere di questa gente si rivela così lieto, così naturale, così fresco e autentico, che si impara ad amarla».

Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 12:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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