Viktoria, bielorussa, e Anna, ucraina: stesso bar, idee molto diverse su Putin ma sul lavoro vanno d'accordo

Lunedì 11 Aprile 2022 di Marco Agrusti
Viktoria e Anna del bar Wolf a Valvasone

VALVASONE - Viktoria e Anna. Due ragazze, con qualche anno di differenza. Condividono (l'una da titolare, l'altra da dipendente) un bar giovane, in cui si fa festa e si sorride sempre. Che problema c'è? Normalità. Giusto, però Viktoria è bielorussa e non si nasconde quando confessa di considerare Putin «uno che pensa bene al suo popolo». Anna invece è ucraina. E vede Putin come l'aggressore. Verrebbe da pensare a un rapporto rovinato, a una convivenza anche lavorativa impossibile. Invece quella che arriva dal Wolf di Valvasone (locale incastonato nella meraviglia medievale del borgo) è una storia che ci dice che è possibile. Non facile, ma possibile. Viktoria è Viktoria Stankevich. Nata a Minsk, a Valvasone il suo volto è quello del bar dei giovani, della festa. Anna è Anna Bostan, 25enne dipendente del bar.

Una bielorussa, l'altra ucraina.

All'improvviso la guerra, che irrompe nella vita di tutti i giorni anche a distanza. «Un conflitto che non serviva - chiarisce subito Viktoria - e che soprattutto non dev'essere la nostra. Non dev'essere quella mia e di Anna. Lei ha il suo pensiero, io il mio». Anna riempie i social di attacchi a Putin e di messaggi solidali con il suo popolo, quello ucraino. Viktoria non ha paura di schierarsi dall'altra parte, e lo dice pure. «Io sono praticamente cresciuta all'ombra di Putin (è di Minsk, capitale della Bielorussia che del Cremlino vive praticamente all'ombra, ndr) ed è un bravo presidente, un uomo che si occupa del suo popolo, della sua gente. Zelensky? Non mi piace». Opinione naturalmente opposta quella di Anna, che considera Putin «un aggressore». Com'è possibile, quindi, lavorare dietro allo stesso bancone quando le divisioni diventano fratture apparentemente insanabili e soprattutto rischiano di trasformarsi in ferite? Viktoria la vede così. «Bielorussi, ucraini, russi. Alla fine non ci dovrebbero essere queste divisioni. Siamo tutti fratelli. Io sono qui dagli anni Duemila ed è come se ci confrontassimo tra paesi diversi della stessa regione».

A inizio di marzo un episodio. Anna vuole partire per la Romania. Deve andare a prendere la nonna in fuga dall'Ucraina. Qualcuno - malelingue - aveva parlato di un litigio con la titolare. «Nulla di vero - chiarisce Viktoria -. Io e Anna abbiamo sempre un rapporto simile a quello di una mamma con sua figlia. Lei adora anche il mio bambino. Quel giorno mi ha chiesto se poteva partire per la Romania e io l'ho addirittura sostituita al lavoro. Non c'è stato alcun problema. Le ho solo detto di stare attenta, perché sarebbe stata da sola per un lungo viaggio. Poi ha preso un giorno libero ed è tornata regolarmente al bar, dove lavora ancora». Della guerra, al lavoro, non si parla. «Questa è solo un'occupazione, non c'è motivo per farlo. Probabilmente il nostro rapporto si è solamente raffreddato un po' - testimonia ancora Viktoria -, ma al lavoro non ci sono mai problemi. Collaboriamo come sempre e come dobbiamo fare. I post sui social? Non entro in quelle che sono le sue opinioni. Io ho le mie».

Sempre al Wolf, sono stati avvistati anche alcuni giovani clienti che prima non si vedevano. «Sono rifugiati provenienti dall'ucraina che vogliono divertirsi un po' - conclude la titolare bielorussa -. Vengono a bere l'aperitivo, sorridono. A noi questo fa solamente piacere». Perché il lavoro è il lavoro, e la guerra non deve entrare nella vita di tutti i giorni anche dove le bombe non piovono dal cielo. È dura, ma ci si prova.

Ultimo aggiornamento: 12 Aprile, 10:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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