La corsa alle rinnovabili si scontra con la burocrazia: «Via i limiti paesaggistici»

Lunedì 12 Settembre 2022 di Marco Agrusti
Un parco fotovoltaico

La richiesta non arriva solo dai privati, cioè dagli imprenditori. Categoria che non sarebbe nuova alla pulsione del “liberi tutti” e alla protesta contro le gabbie normative dello Stato. A chiedere «norme di guerra per uno stato di guerra» sono anche i Comuni, le società partecipate, enti come le Fiere. La voce è arrivata a quello che dovrà essere il “messaggero” verso Roma, cioè Massimiliano Fedriga in veste di presidente della Conferenza delle Regioni.

Il succo è questo: è necessario e urgente allentare se non rimuovere (in certi casi) i vincoli paesaggistici che allungano i tempi per la realizzazione di impianti fotovoltaici, termovalorizzatori, rigassificatori e impianti di cogenerazione. Questi ultimi, ad esempio, sono richiesti dalle aziende che sviluppano una quantità di calore sufficiente alla trasformazione in energia.

L’APPELLO

L’occasione per presentare l’istanza alla massima autorità regionale è stata offerta dall’ultimo tavolo regionale sull’energia. Le categorie economiche sono partite dalla constatazione di un dato di fatto: per realizzare un impianto fotovoltaico su un terreno inutilizzato, oggi ci vuole più di un anno. «Oggi - conferma l’assessore regionale all’Ambiente, Fabio Scoccimarro - per mettere in piedi un parco fotovoltaico di potenza superiore ai 10 Megawatt l’iter autorizzativo deve passare necessariamente dal ministero dell’Ambiente. E lì il procedimento si ingolfa, passa più di un anno e gli imprenditori non possono aspettare tutto questo tempo. Per questo la strategia che adotteremo sarà quella di una pressione organica affinché l’iter per la realizzazione di impianti per l’energia rinnovabile sia trasferito dallo Stato alle Regioni». L’autonomia come chiave per non finire impantanati tra i corridoi dei ministeri.

L’URGENZA

Le categorie economiche, con in testa le due Confindustrie della regione, chiedono un regime di emergenza simile a quello che ha guidato le scelte del governo durante i momenti più duri della pandemia. Allora si è stati in grado anche di comprimere la libertà di movimento delle persone, ora si chiede che le logiche di conservazione ambientale e paesaggistica siano considerate un gradino sotto la necessità di sopravvivenza di aziende e cittadini. «Siamo prigionieri di procedure troppo farraginose - ha rincarato la dose Sergio Emidio Bini, che è sia imprenditore che assessore regionale alle Attività produttive - e gli imprenditori ci chiedono di darci una mossa». E dal presidente Fedriga è arrivata una prima promessa: il tema sarà portato all’attenzione della Conferenza delle Regioni, anche se verosimilmente sarà il prossimo governo - quello che emergerà dalle elezioni del 25 settembre - a doversi occupare della materia.

IN REGIONE

Qualcosa, però, si può fare anche a livello regionale. E si può fare anche subito. La giunta del Friuli Venezia Giulia sino ad oggi aveva sempre detto no all’uso intensivo dei terreni agricoli per la realizzazione dei parchi fotovoltaici, adducendo la motivazione che faceva riferimento all’importanza del settore agroalimentare sul territorio. «Ora invece - ha annunciato Scoccimarro - stiamo ripensando anche questa strategia. Ragioniamo in merito ad un’apertura almeno per quanto riguarda le colture meno redditizie, che potrebbero essere soppiantate da pannelli fotovoltaici. L’importante è non concentrare i parchi energetici in una sola zona, come purtroppo è avvenuto alle porte di Pavia di Udine».

Ultimo aggiornamento: 13 Settembre, 10:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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