L'indotto rallenta, cassa integrazione per 3mila nel manufatturiero

Martedì 31 Dicembre 2019 di Davide Lisetto
Lavoratori in linea in fabbrica
PORDENONE - L’anno che sta per andare in archivio, sotto l’aspetto dello stato di salute dell’economia del territorio, non è uno di quelli peggiori dell’ultimo decennio. Ma il 2019 è sicuramente l’anno che - soprattutto nella seconda parte, cioé dopo l’estate - ha mostrato i segnali più chiari ed evidenti di un nuovo rallentamento del sistema manifatturiero. Negli ultimi mesi la richiesta di cassa integrazione è tornata a galoppare, a un ritmo che non si vedeva da tempo. La cassa straordinaria è aumentata del 60 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Quella ordinaria del 23 per cento. Stando ai dati Inps - rielaborati dalla Cisl di Pordenone - l’anno si chiude con quasi tremila addetti del sistema industriale manifatturiero locale che sono coinvolti nell’utilizzo degli ammortizzatori sociali. 

A preoccupare il sindacato è anche l’andamento del comparto dell’artigianato: è nelle piccole e piccolissime aziende che la frenata, causata anche al “gelo” negli ordinativi dell’industria tedesca dell’auto cui il territorio pordenonese è profondamente legato, fa immaginare un inizio 2020 non certo brillante.

CASSA INTEGRAZIONE
L’incremento si è visto in particolare nel secondo semestre. «Un aumento - come spiega il segretario provinciale Cisl Cristiano Pizzo - che ha riguardato in particolare la metalmeccanica e il legno-arredo. Sulla meccanica ci sono situazioni assai diverse. In alcuni casi, come quello grave della Lavinox con circa 130 addetti, i posti di lavoro sono veramente a rischio a meno che entro febbraio non si trovi una soluzione che passi per l’acquisizione da parte di nuovi investitori. Altri casi, come quello della Savio, in cui si sta attraversando da mesi un forte rallentamento (forse il peggiore delle sue storia recente, ndr) ma vi è una prospettiva di ripresa per la primavera del prossimo anno». I rallentamenti più marcati si registrano proprio nell’indotto legato a doppio filo con il comparto dell’auto che si trova a fare i conti con la cosiddetta “demonizzazione” del diesel e la necessità di trasformazione produttiva per passare a d altre produzioni legate ai motori ibridi o elettrici. «Un nodo epocale - sottolinea Pizzo, un passato come responsabile della categoria dei metalmeccanici - che sta mettendo a dura prova il sistema della sub-fornitura del territorio che è sempre stata all’avanguardia e che ora si trova in difficoltà». Nel comparto del legno-arredo a spaventare di più è la situazione internazionale all’insegna della quale si apre il 2020: in particolare è la Brexit che pone più di qualche interrogativo agli esportatori di mobili che negli ultimi anni avevano visto crescere il mercato britannico.

ARTIGIANATO
Un altro grande punto interrogativo riguarda il comparto dell’artigianato. Dove le norme più recenti hanno ridotto l’unico ammortizzatore (per le aziende artigiane non esiste infatti la cassa integrazione o i contratti di solidarietà) sul quale il settore può contare: il fondo bilaterale di sostegno al reddito. Un’impresa in crisi potrà contare solo su cento giornate “coperte” nell’arco del biennio. «Una situazione preoccupante - spiega Pizzo - poiché la richiesta è destinata ad aumentare molto, stando all’andamento dell’ultimo quarto di quest’anno. Per i dipendenti delle ditte artigiane c’è poi il problema dei tempi di pagamento dell’indennità nei periodi non lavorati: i soldi purtroppo arrivano normalmente con tre o anche quattro mesi di ritardo. L’auspicio è che la situazione non esploda nel primo semestre dell’anno nuovo».
Ultimo aggiornamento: 08:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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