In occasione della presentazione alla stampa dell'ultimo Dpcm anti Covid, il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha ribadito la possibilità che già a dicembre il vaccino potrebbe essere pronto. Sull'argomento, tuttavia, il mondo della scienza si divide e il virologo Andrea Crisanti appare piuttosto scettico: «Sarei preoccupato, perché significherebbe che non è stato testato sul campo, sulla popolazione per dimostrare che ci sia una differenza statisticamente significativa tra i vaccinati e i non vaccinati. Qualora accadesse, sarebbe una cosa senza precedenti».
A dare manforte alle sue affermazioni ci sarebbe altro: «Non è ancora apparsa una sola pubblicazione scientifica al vaglio della comunità che testimoni la presenza delle caratteristiche di cui si parla nel vaccino.
Intanto la curva del contagio non accenna a calare: «I numeri parlano da soli - dice ancora Crisanti - Suggeriscono una dinamica in peggioramento e le decisioni prese domenica mostreranno eventuali effetti fra dieci, quindici giorni. Si poteva aprire un distretto scolastico un mese e capire cosa accadeva in quell'area. Non è stato fatto. Poi si potevano fare campionamenti massicci con test rapidi per capire se c'era trasmissione virale. Adesso qualsiasi discorso sulle scuole è fatto sulla base di intuizioni, di sensazioni».
Il professore, ordinario di microbiologia dell'università di Padova, nei giorni scorsi aveva paventato altri dubbi: «Abbiamo visto che il Covid può essere mortale. Faccio fatica a capire come queste persone a casa possano essere monitorate e, in caso di peggioramento, trattate. Un paziente stabile sta a casa, ma non si capisce quali siano i parametri che giustificano, in caso di aggravamento, il trasferimento in ospedale».
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Pubblicato da Cusano Italia TV su Lunedì 26 ottobre 2020
Il riferimento è al servizio di cure domiciliari sperimentato in Toscana: «Su larga scala, non è mai stato sperimentato nulla di simile. Ci vuole una valutazione di rischi e vantaggi. Chiaro che tra i vantaggi
probabilmente c'è il minor affollamento degli ospedali, però poi non esistono dei dati che ci permettono di dire che danno noi facciamo ai pazienti».