In smoking a Cannes, auto di lusso e villa con piscina, ma disoccupato: faceva l'usuraio

Giovedì 30 Maggio 2019 di Marina Lucchin
In smoking a Cannes, auto di lusso e villa con piscina, ma disoccupato: faceva l'usuraio
53
PADOVA - Si faceva fotografare sul tappeto rosso del Festival di Cannes agghindato in smoking con la bella moglie a fianco, girava in paese su un macchinone costoso, viveva in una villa con piscina, attrezzata anche di palestra, vasca idromassaggio e sauna. Insomma, la sua vita era all'insegna del lusso, nonostante non lavorasse. Domenico Mimmo Basile, 59 anni, originario di Crotone, nato a Milano e ora residente a Gazzo, in passato gestiva una discoteca nel Vicentino, ma ora ufficialmente era disoccupato. Come faceva dunque a mantenere un tenore di vita così alto? A scoprirlo sono state le indagini della Guardia di finanza. 



Prestava soldi agli imprenditori e se non pagavano, li minacciava
, mostrando la pistola infilata nella cintura dei pantaloni: «Se non volete avere problemi in famiglia, non vi conviene scherzare con me, sapete chi sono» facendo pesare la sua  appartenenza a una cosca ndranghetista. Per questo ieri i militari della tenenza di Cittadella, guidati dal comandante Giuseppe Taverna, hanno stretto le manette ai polsi di Basile. Le sue vittime sono un imprenditore dell'alta Padovana e uno poco al di là del confine vicentino, che gli avevano chiesto in prestito 50mila euro. Basile glieli aveva dati, con un tasso di interesse di 5mila euro al mese, da restituire in un trimestre. Impauriti, i due non hanno mai fiatato, ma la vicenda è emersa durante le indagini dell'operazione Malapianta delle Fiamme gialle di Crotone e per questo l'uomo è stato raggiunto da un fermo d'indiziato di delitto per i reati di associazione mafiosa, estorsione e usura. Durante la perquisizione i finanzieri hanno anche trovato la pistola con cui minacciava le vittime. Una scacciacani a cui aveva tolto il tappo rosso, ma perfettamente identica a un'arma da fuoco vera. 
L'OPERAZIONEOltre a Basile, a finire in manette sono state altre 35 persone, cui dono stati contestati i reati di associazione mafiosa, traffico di droga, estorsione, usura, armi, intestazione fittizia di beni. La maxi operazione, denominata Malapianta è scattata, nel cuore della notte scorsa, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro che ritiene così di aver smantellato una potentissima locale di ndrangheta del crotonese ma attiva in tutta Italia, anche in provincia di Padova. Si tratta in particolare dei Mannolo di San Leonardo di Cutro, oltre a presunti trafficanti di droga del capoluogo pitagorico e di altri soggetti da altre province calabresi.
Secondo gli investigatori si tratterebbe di una potente organizzazione dedita soprattutto al traffico di stupefacenti ma anche alle estorsioni, capace di unire le mafie reggine con quelle catanzaresi e crotonesi con l'avallo del clan dei Grande Aracri, che già si era inflitrata nella provincia di Padova. Una rete articolata tra i diversi mandamenti delle province della ndrangheta calabresi.
Tra i reati contestati anche quello dei furti, dell'esercizio abusivo di attività finanziaria, il riciclaggio, il reimpiego di capitali di provenienza illecita, la corruzione, il favoreggiamento di latitanti, la coercizione elettorale. Più di 250 uomini delle fiamme gialle impegnati nel blitz che oltre alle decine di arresti hanno anche eseguito un sequestro di beni pari a 30 milioni di euro.
NEL PADOVANODomenico Mimmo Basile, finora incensurato, era l'uomo al Nord della cosca. Aveva il compito di entrare in contatto con gli imprenditori della zona, magari in difficoltà e fare da tramite per dei prestiti con tassi usurai. Era anche quello che doveva recuperare il denaro, con gli altissimi interessi, utilizzando anche le maniere forti. Non violenza fisica, ma minacce per nulla velate. Secondo quanto deposto dalle due vittime, Basile pretendeva 5mila euro al mese di interessi su un prestito trimestrale di 50mila euro. Se qualcuno osava ribellarsi, partivano le intimidazioni. Il crotonese aveva mostrato loro che possedeva un pistola, che teneva nella cintura dei pantaloni e aveva assicurato ai due imprenditori che la loro famiglia sarebbe stata in pericolo, se non avessero ridato i soldi del prestito con gli interessi. 
Marina Lucchin 
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci