PADOVA - Sta arrivando il momento della resa dei conti. La Lega padovana è ancora alle prese con lo scontro tra l’anima più vicina a Massimo Bitonci e la frangia formata da chi contesta tutte le scelte fatte in questa partita elettorale.
IL CONFRONTO
Nel partito i malumori non riguardano solo l’esito elettorale, ma anche la scelta del candidato sindaco (una parte preferiva una figura politica al posto del civico Peghin) e la formazione delle liste. Il ragionamento che fanno a microfoni spenti alcuni storici militanti è questo: «Tutti avevano in mano i sondaggi, si sapeva che la Lega avrebbe fatto questo risultato e quindi era ovvio che tra i principali candidati qualcuno sarebbe rimasto fuori dal Consiglio. C’era davvero bisogno di candidare Lonardi, che non è un leghista puro, a scapito di qualcuno dei nostri?».
Alla fine Lonardi è stato eletto mentre sono rimaste fuori due colonne come Vanda Pellizzari e Alain Luciani. E proprio Luciani ora torna alla carica: «Si vince se c’è un progetto vero, ma se noi conosciamo il nome del candidato solo pochi mesi prima è normale fare fatica. Peghin è sembrato un candidato calato dall’alto. La Lega è sempre stata tra i militanti e tra le persone, nei territori. Ora sembra sia diventata un’altra cosa. Non essere eletto mi ha fatto rimanere molto male. Da bambino mi dicevano “Se ti impegni i risultati arrivano”. No, non arrivano se non hai Santi in Paradiso e amici degli amici. Ci sono state cattive valutazioni ed è mancato l’ascolto, ma ora andiamo avanti».
GLI ATTACCHI
L’ultimo caso riguarda il comune di Vigonza, dove è stato nominato come assessore esterno il commissario provinciale della Lega Marco Polato (candidato a Padova). Una scelta che ha portato il sindaco di Noventa Marcello Bano e il consigliere regionale Fabrizio Boron all’attacco: «Polato è stato catapultato dall’alto senza meriti, così si distrugge il partito». L’assessore regionale Roberto Marcato ha rincarato la dose: «Il metodo è sbagliato, bisogna cambiare».
LE RISPOSTE
Il diretto interessato, Polato, preferisce non commentare. Non parla nemmeno il commissario regionale Stefani, concentrato sulla giunta di Belluno e sul delicatissimo ballottaggio di Verona. Si riserva di parlare dopo il ballottaggio anche il deputato Bitonci, così come il senatore Ostellari che intanto puntualizza: «Non mi presto alle polemiche».
Chi parla è invece Federica Pietrogrande, già presidente del consiglio comunale con Bitonci, 119 preferenze alle ultime amministrative. «Le analisi del voto sono importanti e servono a far crescere il partito e migliorare - dichiara -. Le polemiche e le chiacchiere da bar, invece, non mi appassionano. Quando nel 2014 sono entrata in consiglio comunale la Lega aveva preso il 4,89%. Sono stati eletti 3 consiglieri perché abbiamo vinto. Quest’anno, nonostante il 7,35%, abbiamo eletto solo 2 consiglieri perché il centrodestra ha perso le elezioni. Da questo dato dobbiamo ripartire: i cittadini che ci hanno votato si aspettano una proficua opposizione, non sterili discussioni su chi sia più o meno meritevole di ricoprire alcuni ruoli. Ai padovani non importa nulla di inutili beghe interne, ma vogliono veder realizzate le promesse fatte. È il momento di fare squadra per arrivare pronti al prossimo appuntamento elettorale».
La voce del partito è anche quella di Andrea Collesei, 17 voti e la volontà di gettare acqua sul fuoco: «La Lega ha aumentato il consenso rispetto agli anni scorsi. Ora è opportuno strutturarci di più nelle grandi città, dove storicamente prendiamo meno a livello di preferenze. Ci impegneremo, uniti, a raggiungere questi risultati. Serve coesione, non polemiche».
Il congresso porterà le due anime a pesarsi. La ripartenza leghista passa da qui.