Processo Bolognino, il pentito: «Il boss si vantò di guidare la Rover noleggiata da Belen»

Martedì 20 Aprile 2021 di Marco Aldighieri
Sergio Bolognino

PADOVA - È proseguito, ieri mattina davanti ai giudici del Tribunale collegiale, il processo al clan Bolognino. In aula ha testimoniato in video chat, chiamato dal pubblico ministero Paolo Tonini della Dda di Venezia, il pentito e collaboratore di giustizia Antonio Valerio. Profondo conoscitore della cosca Grande Aracri, essendone stato per una vita intera uno degli elementi di spicco, è divenuto famoso in seguito all'intercettazione telefonica in cui, insieme a Gaetano Blasco, rideva del terremoto appena avvenuto in Emilia Romagna che avrebbe fruttato ingenti guadagni. Ed è nel 2017, imputato nel processo Aemilia, che ha deciso di collaborare con gli inquirenti. Dal curriculum criminale di tutto rispetto, è dietro alle sbarre anche per omicidio, sta fornendo il suo prezioso contributo a numerose direzione distrettuali antimafia in tutta Italia. E ieri in aula ha ricordato come un giorno, Sergio Bolognino, «...si è vantato di guidare la Range Rover presa a noleggio anche da Belen Rodriguez...». La famosa e bella show girl. Un pizzico di gossip, in un processo dove invece è di nuovo venuto alla luce la conquista del Veneto da parte della 'ndrangheta.
Erano i primi giorni di aprile del 2013 quando all'interno della GS di via Postumia, a Galleria Veneta, Sergio Bolognino ha picchiato l'allora titolare Stefano Venturin e ha spaventato la moglie Maria Giovanna Santolini entrambi di Treviso. I due si erano conosciuti anni prima quando Venturin era socio al 50 per cento di un'azienda di Campagna Lupia e in quel periodo aveva incontrato i fratelli Bolognino, che hanno acquisito un 10% della società aiutandolo ad avere la maggioranza. Un vincolo che la famiglia originaria della Calabria ha ritenuto indissolubile e che ha voluto fare valere nonostante non detenesse quote anche nella Gs Scaffalature. Infatti i fratelli non comparivano in nessun documento relativo alla proprietà.
«I Bolognino - ha ripreso Valerio - erano una cellula autonoma. E come in Emilia Romagna sono riusciti ad agire nelle loro zone del Veneto tra il 2004 e il 2017 quando non c'era ancora il controllo da parte dell'anti mafia. Erano specializzati soprattutto nel recupero crediti, nelle false fatturazioni, nelle bancherotte e anche nell'acquistare auto in leasing dalla Germania».
E poi c'era anche l'usura: «Se ad esempio prestavano 10 mila euro, il mese dopo ne volevano restituiti 12.400 euro. Soldi che si moltiplicavano come i pani e i pesci, e che i Bolognino poi rinvestivano. Valerio ha raccontato anche del rapporto del clan Bologino con la cosca Grande Aracri. «C'erano stati diversi contatti - ha sottolineato - tra il 2011 e il 2013 me lo disse Gaetano Blasco». Antonio Valerio, forse per dimostrare un po' a tutti i presenti in aulo il suo spessore anche di informatore, ha ricordato di quella volta che «...Ero sceso in Calabria per uccidere Ruggero Rosario che uccise mio padre e con me venne Paolo Bellini, ndranghetista indagato anche per la strage di Bologna...». Il processo ai clan bolognino dovrebbe andare a sentenza nei primi giorni di luglio, sempre che non vengano fatte slittare altre udienze a causa del Covid. Gli imputati, oltre a Sergio Bolognino, sono Antonio Mangone, Francesco Agostino, Antonio Carvelli di Crotone, Luca De Zanetti di Vigonza, Antonio Gnesotto di Treviso, Emanuel Levorato di Vigonza e Stefano Marzano di Locri. In aula la testimonianza fino ad ora più scioccante, si è registrata nel settembre del 2020 dall'imprenditore di Noventa Vicentina Ercole Mazzetto, quando ha ricordato come veniva minacciato da Mangone: «Mi diceva ti rompo le gambe e ti strappo il cuore».
Marco Aldighieri
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Ultimo aggiornamento: 09:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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