Variante inglese, 300 casi in Campania: caccia a chi è stato in contatto con i positivi

Lunedì 15 Febbraio 2021 di Ettore Mautone
Variante inglese, 300 casi in Campania: caccia a chi è stato in contatto con i positivi

Un contagio su quattro in Campania è causato dalla variante inglese del virus. Su mille tamponi molecolari effettuati negli ultimi due giorni nei laboratori dell’Istituto Zooprofilattico di Portici e del Cotugno sono infatti emersi 300 casi in cui la proteina Spike del virus è mutata. Il tampone è stato effettuato utilizzando una particolare sonda molecolare in grado di individuare subito la proteina S mutata tipica della variante britannica del Coronavirus. Si tratta tuttavia di un primo responso che adesso dovrà ottenere la conferma decodificando l’intero genoma virale. Quest’ultimo compito è affidato ai laboratori specializzati del Tigem diretti da Andrea Ballabio che impiegheranno una decina di giorni.

Considerando che una certa quota di esami potrebbero essere in realtà riconducibili ad altre varianti si calcola appunto che circa il 25 per cento dei casi sia riferibile al ceppo britannico del Coronavirus. 

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Lo studio di sorveglianza epidemiologica, condotto dall’Istituto Zooprofilattico, dal Tigem e dal Cotugno, prende in esame la diffusione territoriale del contagio attraverso il campionamento dei casi positivi e ha già verificato che la percentuale di incidenza della cosiddetta variante inglese in Campania è attestata in un intervallo che va dal 25 al 30 per cento dei casi, in linea dunque con quanto registrato sull’intero territorio nazionale. «Questo tipo di sonda usata durante l’effettuazione di un tampone - spiega Davide Cacchiarelli che al Tigem si occupa della decodificazione del genoma virale - è stata scoperta per caso. L’innesco per l’amplificazione di alcuni geni tipici del virus non funziona per la proteina S mutata. Se ciò accade ci troviamo quasi certamente di fronte alla variante inglese da confermare col sequenziamento completo dell’intero genoma virale». 

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La proteina S mutata presente nella variante inglese del virus conferisce al microbo un vantaggio infettivo. Alcune delle 17 mutazioni di cui è portatore rispetto al ceppo originario conferiscono infatti una maggiore affinità per il recettore cellulare. «La proteina S mutata nella variante inglese - spiega Andrea Ballabio - agisce come una calamita più potente per agganciare le cellule umane e consente al virus, in un arco di tempo dipendente dalla circolazione nella popolazione, diciamo in alcuni mesi, di soppiantare le altre specie diventando il ceppo prevalente come accaduto in Inghilterra». «È questa la principale motivazione per mantenere altissima la guardia - avverte in una nota l’unità di crisi regionale - per cui si richiede un lavoro ancora più intenso di controllo sui territori e sui contatti diretti dei positivi con questa variante nell’ambito del tracciamento delle Asl. È in atto un’azione di monitoraggio costante sulla diffusione di questi ceppi virali ed è ancora più urgente che vi siano a disposizione i vaccini necessari per continuare in maniera sempre più massiccia la campagna di vaccinazione in corso». Il Tigem dallo scorso Natale ha avviato un costante lavoro di decodifica dei genomi virali inviati dall’Istituto Zooprofilattico arrivando a leggere la sequenza dell’Rna di circa 2 mila ceppi (di cui un migliaio depositati sulla piattaforma internazionale Gisaid) in pratica un quarto dei genomi identificati in Italia nell’ambito della sorveglianza epidemiologica condotta sulle varianti.

Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 14:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA