L’attesa “svolta” cinese sull’Ucraina prende corpo a Gedda, in Arabia Saudita. L’inviato di Xi per gli affari euroasiatici e plenipotenziario di Pechino per il percorso che dovrà condurre al negoziato, Li Hui, lascia la riunione in cui si sono confrontate le delegazioni di 42 Paesi tra cui Brasile e India, presente l’Ucraina e assente la Russia, non invitata, promettendo che la Cina «continuerà a rafforzare il dialogo e gli scambi con tutte le parti, a espandere costantemente consenso e fiducia, a sforzarsi di formare il più ampio accordo comune» per una soluzione politica.
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Di contro Maria Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, liquida la riunione di Gedda come tentativo del «regime di Kiev» e dell’Occidente di imporre «un ultimatum senza senso», il ripiegamento di Mosca, che servirebbe solo a «prolungare il conflitto». La Zacharova ribadisce le condizioni di Putin: la «neutralità» dell’Ucraina tra i blocchi occidentale e russo, e la presa d’atto della «nuova realtà territoriale» disegnata dalle armi e dai cosiddetti referendum. «Nessun incontro sull’Ucraina può avere un valore aggiunto senza la partecipazione della Russia o senza tenere conto dei suoi interessi».
SVOLTA
Ma è la Cina adesso a fare la differenza, e probabilmente la rottura del patto sul grano da parte di Putin è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Pechino ha interesse a mantenere l’alleanza con la Russia, magari come vassalla dopo l’indebolimento provocato dalla «campagna di Ucraina», ma neanche può tollerare una fonte crescente di instabilità dei mercati e dei commerci, come dimostra la crisi del grano e la militarizzazione del Mar Nero. Ed ecco allora che la Cina partecipa all’iniziativa di Gedda anche senza la Russia, dopo aver rifiutato di presenziare a un analogo incontro a Copenaghen. Ecco la telefonata del ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, al suo omologo russo, Lavrov, per dire che nonostante il patto di ferro tra i due Paesi, la Cina «manterrà una posizione indipendente e imparziale in qualsiasi circostanza internazionale e multilaterale, esprimerà un’opinione obiettiva e razionale, promuoverà attivamente la riconciliazione, faciliterà i negoziati, e farà ogni sforzo per trovare un modo per una risoluzione politica». Intanto, l’inviato cinese ha confermato che tornerà a riunirsi con i suoi omologhi, consiglieri diplomatici e consiglieri per la sicurezza nazionale dei leader, tra un mese e mezzo quando il formato di Gedda verrà replicato. Sul tappeto c’è sì il piano cinese in 12 punti, che prevede fra l’altro il riconoscimento della sovranità e indipendenza dell’Ucraina come punto di partenza, ma c’è soprattutto quello in 10 punti di Kiev, sul quale si è deciso di creare gruppi di lavoro distinti.
PUNTI DI VISTA
Poi ognuno legge i risultati conseguiti a Gedda a proprio modo. Per il braccio destro di Zelensky, Andriy Yermat, il summit «ha inferto un duro colpo alla Russia», anzitutto perché Mosca ora è isolata. L’unica non invitata. Per il ministro degli Esteri italiano, Tajani, «la presenza della Cina a Gedda rappresenta certo un importante passo in avanti». E il consigliere diplomatico della premier Meloni, Francesco Talò, in un tweet scrive che «l’Italia sostiene l’Ucraina nei suoi sforzi per una pace giusta». Giusta e duratura, se il segretario di Stato Usa, Blinken, ha parlato al telefono con l’omologo ucraino, Kuleba, soprattutto della sicurezza a lungo termine che si dovrà garantire a Kiev dopo il cessate il fuoco e la pace. Ossia, la prospettiva dell’ingresso (e di che tipo) nella Nato.