Dieci milioni di dollari di gas in fumo ogni giorno.
Gas, il ricatto di Mosca
La conferma del ricatto di Mosca, secondo vari analisti. Ovvero la risposta del Cremlino alle sanzioni europee per l'invasione dell'Ucraina, con Vladimir Putin che brucia il gas godendosi lo spettacolo dei leader Ue in affanno a causa del costo dell'energia schizzato alle stelle. Una guerra ibrida che costringe i leader dei 27 ad una nuova riunione d'urgenza per varare misure contro i rincari delle bollette e allontanare l'abisso della recessione. Ma c'è anche chi guarda al bicchiere mezzo pieno, come Miguel Berger, l'ambasciatore tedesco nel Regno Unito, che interpreta il fenomeno come un effetto della riduzione della dipendenza europea dal gas del Cremlino, suggerendo che Mosca «non ha altri posti dove poter vendere il gas, e perciò lo brucia».
#Gazprom is targeting to start #Portovaya LNG production 1.5 Mtpa, storage and shipment complex at Baltic end of the year. Objective of facility: gas storage for Kaliningrad oblast and supply of #LNG fuel engines, #bunkering and gas https://t.co/n4nnfnnMtE
— REBDUK (@rebduk) April 22, 2022
Combustibile destinato all'export
Il combustibile in fiamme era probabilmente destinato all'export verso la Germania, non a caso Portovaya si trova vicino a una stazione di compressione che alimenta il Nord Stream 1. A giugno Gazprom aveva già ridotto al 40% la portata del gasdotto sottomarino prima di alcuni giorni di chiusura e poi una ripresa del 20% della sua capacità, ufficialmente per manutenzione e poi per problemi tecnici. E già da giugno, dopo un primo allarme di Helsinki, i team di ricerca avevano osservato un aumento significativo del calore emanato dallo stabilimento, che sorge a nord-ovest di San Pietroburgo . Sebbene la combustione di gas negli impianti di trattamento venga eseguita di solito per motivi tecnici o di sicurezza, in questo caso gli esperti hanno notato qualcosa di anomalo. «Non ho mai visto un impianto di GNL bruciare così a lungo. A partire da giugno abbiamo osservato questo enorme picco, che non è mai scomparso», ha affermato Jessica McCarty, dell'Università di Miami, specializzata in analisi di dati satellitari.
Per Mark Davis, amministratore delegato della società attiva nel settore del gas, Capterio, quanto sta avvenendo non può essere casuale. «Gli operatori sono generalmente riluttanti a chiudere un impianto - ha spiegato - perché il riavvio può essere costoso o tecnicamente complicato», e per questo bruciano il gas che non riescono a gestire piuttosto che fermare le attività. Ma ad essere preoccupati per le circa 9.000 tonnellate di Co2 rilasciate quotidianamente dalla combustione sono anche gli scienziati. Le conseguenze sui cambiamenti climatici potrebbero essere gravi, specialmente in questa regione prossima all'Artico, dove le particelle nere di fuliggine si depositano sul ghiaccio e sulla neve, accelerandone lo scioglimento. Putin insomma starebbe giocando non solo con i termosifoni degli odiati europei ma con qualcosa di molto più pericoloso.
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