Putin, il discorso in tv: «Sfiorata la guerra civile, l'esercito è rimasto fedele. Avremmo soffocato la rivolta»

Il presidente punta ad accreditare la stabilità del suo potere: «Avremmo soffocato la rivolta»

Martedì 27 Giugno 2023 di Mauro Evangelisti
Putin, il discorso in tv: «Sfiorata la guerra civile, l'esercito è rimasto fedele. Avremmo soffocato la rivolta»

«Abbiamo evitato un bagno di sangue. La ribellione armata sarebbe comunque stata soppressa. Era un crimine contro la Russia che aiutava i nostri nemici di Kiev e dell'Occidente». Putin non cita mai Prigozhin, ma aggiunge: «Gli organizzatori della rivolta, per quanto inadeguati, alla fine lo hanno capito. Hanno compreso che erano azioni criminali, per dividere e indebolire il Paese, proprio ora che la Russia sta affrontando una colossale minaccia esterna, una pressione senza precedenti.

Tutto questo quando i nostri compagni muoiono al fronte».

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IN PIEDI

Il viso gonfio, la voce stanca. Non c'è più lo smalto di un tempo e appare evidente che sta leggendo il gobbo elettronico. In piedi, non riesce a stare fermo e a tratti saltella da un piede all'altro. Vladimir Putin si affida a un video registrato e trasmesso quando in Russia sono le 22 per rassicurare i suoi cittadini, spiegare che il suo potere è ancora saldo e che la rivolta di Prigozhin è fallita. Si rivolge soprattutto agli oligarchi, ai gruppi di potere, ma anche agli alleati esterni, a partire da Xi Jinping. Cita apertamente Lukashenko, un tempo suo vassallo e ora quasi un suo pari, per ringraziarlo. In fondo è come se dicesse a tutti: «Io sono ancora qua». Ai mercenari della Wagner, che definisce «patrioti», offre tre strade: andare in Bielorussia, tornare dalle proprie famiglie, o arruolarsi nell'esercito. Su Prigozhin, l'uomo che ha osato sfidarlo, già nel corso della giornata il Cremlino aveva fatto sapere che il procedimento giudiziario va avanti anche se il capo della Wagner ha rispettato il patto ed è andato a Minsk. Ieri sera Putin ha poi incontrato i vertici delle agenzie di sicurezza, dell'Fsb, ma anche il ministro della Difesa, Shoigu (quasi a confermargli la fiducia, visto che Prigozhin voleva la sua testa).

Il discorso di Putin prima di tutto è un richiamo all'unità, in questa fase difficile della guerra. E, come sempre fanno gli autocrati, chiama in causa i nemici con la retorica logora ma sempre valida dal suo punto di vista, dei famigerati nazisti di Kiev: «Tutti i tentativi di creare disordine interno falliranno. Gli organizzatori della ribellione hanno tradito il loro Paese, sono coinvolti in un crimine, inducendo a morire e a sparare ai loro concittadini. Questo è esattamente il risultato - il fratricidio - che volevano i nemici della Russia: i neonazisti a Kiev, i loro protettori occidentali e ogni sorta di traditori nazionali. Volevano che i soldati russi si uccidessero a vicenda, uccidessero militari e civili, in modo che alla fine la Russia perdesse e la nostra società si dividesse, soffocata da una sanguinosa guerra civile». Questo è un modo per spiegare perché l'esercito non ha fermato la Wagner, perché ha consentito ai mercenari ribelli di arrivare indisturbati a 200 chilometri da Mosca: volevamo evitare un bagno di sangue, spiega Putin ai russi. Dice: «Gli avversari di Mosca si sono fregati le mani, sognando di vendicarsi dei loro fallimenti al fronte e durante la cosiddetta controffensiva. Ringrazio tutti i nostri militari, le forze dell'ordine, i servizi speciali che hanno contrastato i ribelli, sono rimasti fedeli al loro dovere, al giuramento e al loro popolo. Il coraggio e il sacrificio dei piloti eroi caduti ha salvato la Russia da tragiche conseguenze devastanti».

E questo è un passaggio importante: Putin ammette che ci sono state delle perdite. Anzi Putin tende loro la mano: «Ringrazio quei soldati e comandanti del gruppo Wagner che hanno preso l'unica decisione giusta: non hanno commesso spargimento di sangue fratricida, si sono fermati all'ultima riga. Oggi avete l'opportunità di continuare a servire la Russia firmando un contratto con il Ministero della Difesa o altre forze dell'ordine, o tornare dai propri parenti e amici. Chi vuole può andare in Bielorussia. La promessa che ho fatto si manterrà. Ripeto, la scelta spetta a ciascuno di voi». Il presidente russo era rimasto in silenzio da sabato mattina, da quando aveva parlato alla nazione dicendo che tutti i «traditori» sarebbero stati puniti. Prigozhin e i suoi uomini avevano già occupato Rostov e la colonna della Wagner stava già percorrendo l'autostrada, minacciando di entrare a Mosca. Da allora Putin era sparito, mentre Lukashenko, il presidente bielorusso, aveva iniziato a trattare con Prigozhin che, secondo alcune ricostruzioni, come quella del portale Meduza, forse non si è mai spostato da Rostov. In serata c'era stato l'accordo, comunicato però da Lukashenko, che grazie a questa mediazione ha guadagnato una insperata centralità. Ieri sera era stato annunciato un discorso anche del leader bielorusso, ma alla fine è stato rinviato a oggi, probabilmente per non sovrapporsi con Putin. In sintesi: nel pomeriggio ha parlato Prigozhin, alla sera lo Zar. Ma la convinzione generale è che i punti oscuri di questa storia siano ancora dominanti e che la parola fine debba essere ancora scritta.

Ultimo aggiornamento: 09:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA