Prof decapitato a Parigi venduto dai suoi studenti: Samuel Paty fu indicato al killer per 300 euro

Al via il processo agli allievi del docente ucciso da un estremista islamico

Martedì 28 Novembre 2023 di Francesca Pierantozzi
Il prof decapitato a Parigi venduto dai suoi studenti: Samuel Paty fu indicato al killer per 300 euro

Alle sei del pomeriggio di venerdì 16 ottobre 2020 Youssef ha buttato i quaranta euro che aveva in tasca in un tombino: ci voleva comprare delle card su Fortnite, e invece erano diventati il prezzo della testa del suo prof di storia, lasciata su un marciapiede un'ora prima da Abdoullakh Anzorov, terrorista di origine cecena. È quello che Youssef ha raccontato ai magistrati che lo hanno interrogato in questi anni: che lui non voleva, che non aveva capito, che era stato una specie di gioco, che aveva accettato di indicare a quel ragazzo qual era il prof che aveva offeso Maometto così, senza pensarci, che lui e i suoi amici non avevamo mai visto 300 euro tutti insieme.

Youssef e i suoi amici dovranno adesso ripetere la loro versione ai giudici del tribunale minorile del processo che si è aperto ieri a Parigi a porte chiuse: sul banco degli imputati sono in sei, una ragazza e cinque ragazzi.

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GLI IMPUTATI

Sono arrivati in tribunale coi cappucci tirati su, le mascherine sul volto, la testa bassa. Le loro bugie, la loro leggerezza: dovranno spiegare l'ingranaggio mostruoso che in 10 giorni portò all'esecuzione di Samuel Paty. Gli imputati di oggi, ancora minorenni, erano ragazzini di 14 e 15 anni quando Paty, professore di Storia ed Educazione civica alle Medie di Conflans Saint Honorine, comune della banlieue a nord-ovest di Parigi, fu decapitato a 300 metri dalla scuola. L'accusa per loro è di «associazione criminale con l'obiettivo di perpetrare violenze aggravate» e «calunnia». È stata una bugia ad armare la mano di Anzorov. La bugia di Amina (nome di fantasia, come per Youssef) che nel 2020 era in terza media. Il 6 ottobre il professor Paty ha previsto di svolgere il corso «un dilemma: essere o non essere Charlie». È una lezione sulla libertà di espressione. Prevede anche di mostrare in classe alcune delle vignette che scatenarono la furia integralista il 7 gennaio 2015. Amina racconta al padre che prima di mostrare «immagini del profeta nudo» il prof ha chiesto agli alunni musulmani di uscire dall'aula. Ha raccontato che lei si è opposta a questa «ingiustizia» e che per questo si è fatta espellere. Il padre, Brahim Chnina, va su tutte le furie.

LA RICOSTRUZIONE

L'8 ottobre si presenta con la figlia in commissariato a denunciare Paty per avere «mostrato in classe materiale pornografico». Poi comincia la campagna di odio sui social: «il prof che attacca l'Islam». Ma quello che ha detto Amina è falso. Lei in classe quel 6 ottobre non c'era. Si era firmata la giustificazione per l'assenza da sé. E il giorno dopo si era beccata una sospensione per cattiva condotta. Era questa sospensione che voleva nascondere. Il 12 ottobre il padre di Amina si presenta davanti alla scuola con un imam radicale, Abdelakhim Sediraoui e gira un video accusando Paty, lo chiama «criminale» lo accusa di aver offeso Maometto. Il video diventa virale. Lo vede anche Abdoullakh Anzorov, ceceno, che decide di vendicarsi. Il 16 ottobre si presenta davanti alla scuola e chiede al primo ragazzino che incontra - è Youssef - di indicargli chi è Paty. Gli promette 300 euro. Gli chiede anche se è vero che quel prof ha offeso il profeta. Youssef chiama Amina e lei ripete la sua bugia. Youssef assolda anche altri amici: «C'è uno che ci dà 300 euro, se gli indichiamo Paty». Alle 16.30 quando Paty esce da scuola per andare a casa, lo indicano a quello strano ragazzo. Firmano la sua condanna a morte. Sarà pugnalato e decapitato. Anzourov sarà poi ucciso dalle forze dell'ordine. Da allora tutti i ragazzi hanno cambiato residenza, vanno in altre scuole. Ieri piangevano tutti, sotto lo sguardo dei familiari di Paty e di alcuni dei loro ex insegnanti. Rischiano fino a due anni e mezzo di prigione. Molto di più rischiano gli adulti coinvolti nella vicenda, il padre di Amina, l'imam radicale, e altri tre complici. Saranno processati alla fine del 2024.

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