Israele ha deciso di rispondere all'attacco iraniano dello scorso sabato e lo ha fatto colpendo Isfahan, città dall'inestimabile valore storico e culturale, diventata negli ultimi anni uno dei principali teatri di contesa nel Medio Oriente.
I precedenti
Isfahan è considerato un polo fondamentale non solo per la sua capacità di ospitare basi aeree e nucleari iraniane, ma anche come simbolo dell'avanzamento tecnologico del paese. Gli attacchi, quindi, possono avere scopi sia pratici che simbolici, minando la sicurezza interna e dimostrando la vulnerabilità di Teheran. Tornando indietro al novembre 2011, Isfahan è stato teatro di esplosioni, ufficialmente motivate come semplici esercitazioni militari, mentre voci non confermate hanno parlato di veri e propri attacchi a strutture sensibili. La totale incertezza è stata alimentata da altri “incidenti”, inclusi un incendio nel 2020 in una centrale elettrica e un grande rogo nel 2021, che ha colpito un impianto utilizzato per la produzione di droni e munizioni.
I separatisti interni
Il 28 luglio 2022 sono state arrestate presunte spie del Mossad, identificate come separatisti curdi: da qui è nata l'ipotesi di un sostegno a Israele da parte di elementi dissidenti interni all'Iran. Questa accusa è stata rinnovata in occasione di un episodio simile, il 14 ottobre dello stesso anno, quando sono stati arrestati altri sospetti oppositori interni, legati al Kurdistan, accusati di sabotaggi e progettazione di attentati.
L'attacco di oggi (19 aprile)
Arriviamo a oggi, 19 aprile 2024. Israele decide di reagire all'attacco della scorsa settimana e lo fa proprio a Isfahan, sul cui territorio sono stati abbattuti tre droni. Anche in questo caso, non è da escludere il coinvolgimento di qualche elemento interno, qualcuno appartenente a una stessa cellula coinvolta in tutti gli strani “incidenti” e attacchi avvenuti a Isfahan. Le autorità iraniane sono a lavoro per verificare la possibile presenza di una rete interna predisposta a collaborare con con i nemici di Teheran, in questo caso proprio con Israele. È addirittura possibile che l'attacco sia partito da dentro l'Iran, dal momento che i radar non hanno segnalato alcun ingresso sospetto nello spazio aereo iraniano: se questo scenario dovesse essere confermato, gli oppositori interni sarebbero più che dei semplici fiancheggiatori, ma potrebbero essere i veri esecutori materiali dell'invio di droni.