Israele, l'ex primo ministro Barak: «Smonteremo Hamas un pezzo alla volta, anche se avremo contro l'Occidente»

«Faremo di tutto per non colpire i civili. Gli 007 e Netanyahu hanno sbagliato»

Mercoledì 1 Novembre 2023 di Marco Ventura
Israele, l'ex primo ministro Barak: «Smonteremo Hamas un pezzo alla volta, anche se avremo contro l'Occidente»

Un solo vero obbiettivo, quattro limiti, e due immensi pericoli. Ehud Barak, 81 anni, ex primo ministro, ex ministro della Difesa, ex capo delle forze armate e del servizio segreto militare e, soprattutto, il militare più decorato di tutto Israele, risponde alle domande di Foreign Policy in un Forum online per iscritti.

«Il 7 ottobre, Israele ha subìto il più grave colpo dalla guerra d'indipendenza.

Il nostro obiettivo oggi è quello di eliminare la capacità militare di Hamas e questo non si può ottenere solo dall'aria, con gli aerei, bisogna mettere gli stivali nel fango. Abbiamo però quattro limiti alla nostra azione: gli ostaggi, la cui liberazione è un altro obiettivo, poi evitare che la guerra si estenda a Hezbollah in Libano, ai qaedisti della West Bank o ai miliziani filo-Iran in Siria e Iraq. Il terzo limite è il diritto internazionale, che impegna anche noi. Quarto, se pure riusciamo a centrare l'obiettivo in 3-6 mesi, non intendiamo restare a Gaza per i prossimi dieci o vent'anni. I due pericoli sono l'allargamento del conflitto e la perdita di consenso internazionale per Israele».

Come potrete combattere Hamas senza uccidere tanti civili innocenti?
«Stiamo facendo del nostro meglio per minimizzare i danni collaterali. La cosa vergognosa è che Hamas non è solo responsabile del massacro del 7 ottobre, ma anche dei morti civili a Gaza. In 750mila si sono spostati nel sud, 300mila sono ancora al Nord, vorrebbero andar via ma non gli viene permesso: Hamas preferisce usarli come scudi umani. Lo sanno tutti che il comando si trova sotto l'ospedale di al-Shifa. Ma noi, dopo il 7 ottobre, non possiamo concedere a Hamas nessuna impunità. Non dipende da noi se si nascondono dietro la propria gente. Questa guerra noi la vinceremo».

L'ideologia di Hamas non si può sradicare, perché accanirsi su Gaza?
«Immaginate che in America, da una città oltre il confine con il Messico, vengano dei terroristi che uccidano, fatte le proporzioni, 60mila americani e rientrino a Tijuana. Gli americani farebbero di tutto per eliminarli, non si porrebbero domande sulla proporzionalità. Qui noi abbiamo a che fare con barbari massacratori che appartengono a un movimento politico. Ogni militante o struttura militare di Hamas per noi è un bersaglio legittimo».

Gli Stati Uniti hanno ammesso gli errori dopo l'11 Settembre. Questo non insegna nulla a Israele?
«Non è un segreto che siano stati fatti molti errori anche tattici dopo l'11 settembre, ma questo massacro del 7 ottobre tocca il fondamentale patto del governo con i propri cittadini, il loro diritto a essere fisicamente protetti. E l'intelligence, l'esercito, la leadership, il premier Netanyahu, hanno fallito. Non si tratta di fare belle interviste alla Tv o bei discorsi. La faccenda è molto pratica. Loro schierano migliaia e migliaia di razzi e miliziani, e noi dobbiamo impegnare forze superiori. Li distruggeremo uno step alla volta, spero col minimo numero di vittime civili. Costerà del sangue, ma Hamas non dovrà più costituire una minaccia esistenziale per lo Stato di Israele».

E se dovesse entrare in guerra Hezbollah?
«Loro sono dieci volte più forti di Hamas. Ci vorrà tempo, ma ce la faremo comunque, anche se dovesse partecipare l'Iran nonostante gli avvertimenti americani. Combattiamo Hamas per distruggerli fisicamente e uccidere il maggior numero di terroristi possibile».

Non perderete il consenso dell'opinione pubblica occidentale?
«Lo so, in due settimane di operazione di terra ci ritroveremo con le piazze occidentali contro di noi, e in altre tre settimane forse pure con i capi di governo occidentali contro. Ma confido che si discuta nelle segrete stanze del fatto che, dopo la guerra, Israele appoggerà la soluzione dei due Stati e si lavori per una forza internazionale araba formata magari da Marocco, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, per poi affidare di nuovo Gaza all'Autorità nazionale palestinese».
 

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