Ilaria Salis: «Non patteggio, sono innocente». Domiciliari più lontani. Processo a maggio, Palazzo Chigi sorpreso

L'italiana vuole difendersi nel merito in aula. Budapest già condannata per il guinzaglio

Giovedì 1 Febbraio 2024 di Valeria Di Corrado
Ilaria Salis: «Non patteggio, sono innocente». Domiciliari più lontani. Processo a maggio, Palazzo Chigi sorpreso

Ilaria Salis non ha alcuna intenzione di chiedere un patteggiamento. «È un discorso chiuso perché nell’udienza di lunedì si è dichiarata estranea ai fatti che le vengono contestati; quindi il processo è già iniziato, sono state introdotte le prove - ha spiegato l’avvocato Eugenio Losco, suo legale - Lei ha deciso di difendersi nel merito e vuole dimostrare in aula la sua innocenza. Tra l’altro degli altri due imputati tedeschi, quello che ha scelto la strada del patteggiamento ed è stato condannato a 3 anni, sta ancora in carcere a Budapest». Quel che è certo è che l’iter processuale intrapreso dall’attivista milanese allontana la possibilità di vederla tornare a breve in Italia. Finora, infatti, i magistrati ungheresi hanno respinto tre volte la sua richiesta di scontare gli arresti domiciliari in patria. Una norma europea che va in questa direzione c’è, ma la sua attuazione è complicata. I legali di Ilaria ritengono che con la giusta spinta della nostra diplomazia, la situazione si potrebbe sbloccare. Ma su questo la premier Giorgia Meloni, al termine del Consiglio europeo di ieri, ha tagliato corto: «Il tema di un’eventuale detenzione alternativa va discusso quando sapremo come andrà il processo». Intanto c’è una nuova denuncia che la 39enne ha fatto arrivare al suo avvocato italiano, tramite l’ambasciata di Budapest: «Sono stata costretta a firmare un verbale in ungherese, senza che mi sia stato tradotto il contenuto».

Si tratta dell’interrogatorio a cui è stata sottoposta lunedì, dopo l’udienza, a proposito delle condizioni della sua detenzione.

L’INCONTRO MELONI-ORBAN
Il vertice a Bruxelles tra i leader dei 27 paesi dell’Unione europea è stata l’occasione per un faccia a faccia tra Meloni e Viktor Orban sul caso dell’insegnante milanese. «Ho chiarito con la premier italiana che nel sistema ungherese la magistratura non dipende dal governo, ma dal parlamento - ha precisato Orban -. L’unica cosa che sono legittimato a fare è esercitare un’influenza affinché Salis abbia un equo trattamento in carcere». «Quello di cui ho parlato con il primo ministro ungherese, è garantire che ai nostri connazionali venga riservato un trattamento di dignità, un giusto processo e anche veloce - ha spiegato la presidente del Consiglio -. Mi ha colpito infatti che l’udienza sia stata rinviata a maggio. Per il resto né io né Orban possiamo entrare nel giudizio. Posso solo sperare che Ilaria Salis sia in grado di dimostrare la sua innocenza e la sua estraneità a questa cosiddetta “Banda del martello”».

LA CONDANNA DELLA CEDU
Riguardo le riprese che hanno fatto il giro del mondo della 39enne incatenata mani e piedi, la Meloni ha spiegato che «è un trattamento praticato in diversi Paesi, anche occidentali. Non è nostro costume, sono certo immagini che impattano, ma in altri Stati sovrani funziona così». Ma l’Ungheria è già stata condannata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) per detenzione illegale e trattamento inumano ai danni di una famiglia irachena richiedente asilo dopo che, nel 2017, il padre era stato ammanettato e legato al guinzaglio davanti ai tre figli minorenni. Anche in ospedale, la polizia aveva lasciato le manette all’uomo, per quanto, secondo la Corte di Strasburgo, «non ci fosse alcuna prova che potesse causare rischi per se stesso o chiunque altro, sulla base di precedenti». «La natura pubblica di questo trattamento, che ha comportato un’umiliazione, anche solo agli stessi occhi dell’uomo, ha ulteriormente aggravato la situazione», si legge nella sentenza. Il governo di Budapest ha dovuto risarcire la famiglia con 17mila euro per aver violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in base a cui «nessuno può essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti». La stessa norma a cui si vuole appellare il legale di Ilaria e che potrebbe portare a una nuova condanna dell’Ungheria, visto che anche lei è stata «pubblicamente» umiliata con le catene, nonostante si trovasse in tribunale e non ci fosse pericolo di fuga.

«IL CARCERE NON È LUSSO»
Ieri è intervenuto anche il capo di gabinetto del governo di Budapest, Gergely Gulyás, che ha definito l’insegnante milanese «membro di un gruppo criminale antifascista». «Ai criminali che commettono crimini con istinti animaleschi deve essere garantita anche la dignità umana, e nel caso della persona in questione sono stati rispettati sia gli standard ungheresi che quelli dell’Ue. I detenuti ricevono tre pasti al giorno. È una bugia che ci fossero topi nella cella. La struttura di detenzione non ha l’obiettivo di offrire lusso ai detenuti, ma in generale c’è pulizia». «Tra hotel di lusso e una capanna ci sono varie sfumature - ha risposto - Roberto Salis, il padre di Ilaria -. Nessuno pretende un 5 stelle, ma almeno che non ci sia il mucchietto di sale con le cimici nella cella».
 

Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 09:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA