Città del Vaticano – La natura della missione in Ucraina e Russia che si appresta a fare il cardinale Matteo Zuppi non è di natura tecnica, né politica, né tantomeno militare.
Il sindaco fiorentino arrivò a Mosca da Fatima, con una valigia piena di santini della Madonna. Volle prima rendere omaggio a San Sergio e ad altre figure care all'ortodossia bizantina. Seppe conquistarsi uno spazio per il dialogo e con Krushov e da lì inizio un carteggio. «Mi ha sospinto a scrivere l'amore per la pace, la speranza in una epoca nuova per le nazioni, e la dolce profezia della Madonna che vide a Fatima spuntare sull'orizzonte della Russia e del mondo una alba di pace vera e di vera libertà e fraternità tra tutti i popoli» si legge in una delle lettere.
Quello che si era immaginato sull'annuncio del Vaticano, di avere affidato ad ex prete di strada don Matteo Zuppi, allenato a facilitare i belligeranti durante la lunga fase preparatoria che poi portò alla pace in Mozambico, è stata descritta bene dal cardinale Pietro Parolin che da Venezia ha tratteggiato la cornice entro la quale si inserisce il viaggio difficile in Ucraina e Mosca del presidente della Cei.
E parte la missione del Vaticano: il Papa la affida al cardinale Zuppi
«Abbiamo sentito quello che ha detto Zelensky, nel senso che lui ha escluso una mediazione della Santa Sede, diciamo un intervento 'tecnicò di mediazione, quindi questa missione cerca più che altro di creare un ambiente. Lo scopo cercare di aiutare ad avvicinare le parti eventualmente, creare precondizioni, creare un pò un ambiente favorevole. Non sarà così facile, ma comunque dovrebbe essere quello, nel senso delle parole che il Papa ha sempre pronunciato in questo periodo della guerra: creare l'ambiente».
Zuppi che in questi giorni ha aperto l'assemblea dei vescovi in Vaticano sotto lo sguardo di Papa Francesco ha evitato di fornire dettagli. Si affida alla preghiera e alle parole del Papa. «Siamo grati a papa Francesco per la sua profezia, così rara oggi, quando parlare di pace sembra evitare di schierarsi o non riconoscere le responsabilità. La sua voce si fa carico dell'ansia profonda, talvolta inespressa, spesso inascoltata, dei popoli che hanno bisogno della pace. La guerra è una pandemia. Ci coinvolge tutti. Nel recente viaggio in Ungheria, si è interrogato: 'Dove sono gli sforzi creativi di pace?'. Lasciamoci inquietare da questa domanda, perché non rimanga solo la logica spietata del conflitto».
Zuppi ha sottolineato anche che «per la pace non è solo un auspicio, ma è la realtà stessa della Chiesa, che germina dall'Eucaristia e dal Vangelo. La Chiesa e i cristiani credono nella pace, siamo chiamati a essere tutti operatori di pace, ancora di più nella tempesta terribile dei conflitti».