LA LETTERA
Sindrome del Vetril, non so se la chiamano ancora così.
Rossella M., Latina
LA RISPOSTA
Carissima, coeva Rossella! Sai che non avevo mai letto della Sindrome del Vetril? Ti ringrazio, la trovo geniale. Anche perché il Vetril lo amo: ha la stessa inconfondibile confezione da anni, pulisce i cristalli e i giocattoli, rischiara finestre ed era continuamente citato ne Il mio grosso grasso matrimonio greco, dove un personaggio lo usava per pulire, smacchiare, togliere i brufoli. Ah, i brufoli! Quando osservo le adolescenti con l’acne, più che la nostalgia - di un culo tonico e un sacco di futuro - mi viene in mente il Topexan: quante paghette settimanali ci investivamo per poi coprire tutto con un correttore da mille lire che i brufoli li coltivava come funghi in una serra? Nessuno si rassegna al Vetril, bisogna solo imparare ad impugnarlo e decidere come invecchiare. Vuoi smettere di tingerti i capelli? Sedurre un ventenne? Farti un lifting? O fondare un partito e protestare perché i tempi non sono cambiati? Fallo! Noi possiamo cambiare. Ed è bellissimo. Invecchiare è una esperienza che tocca a tutti quelli che crescono - tranne Benjamin Button - e non è scontata, c’è chi alla nostra età non ci arriva mai, o non così. Ti pare poco? Sei arrivata nell’età di passaggio - ma se ci pensi, ogni età è di passaggio tra passato e futuro - bella e in splendida forma, ti pare poco? Ti senti trasparente. È bella la trasparenza. Sa di pulito, di buono, di spazio e tempo per ciò che conta. Sa di vero, di autentico, genuino, sincero. Ti pare poco? Sì, perché c’è lo sguardo dell’uomo di mezzo. Ancora e sempre. Nemmeno di un uomo ma, genericamente, dell’uomo. Io non so se definirmi femminista: credo nella parità dei diritti - nonostante non sempre ne abbia beneficiato - nella reciprocità, nelle stesse possibilità ma non sempre riesco a cogliere dove si nascondano le insidie del patriarcato. Però so bene quando una donna guarda nel posto sbagliato. E non che l’attenzione del maschio sia sbagliata - è stupendo essere guardate con desiderio - ma, parafrasando Gertrude Stein che parlava delle rose, uno sguardo è uno sguardo, è uno sguardo e non una conferma alle nostre incertezze, una risposta ai nostri dubbi, uno strumento di felicità, per quanto ci renda felici. Non riesci a vedere la bellezza dell’indipendenza dallo sguardo che questa età ci regala? E la fragilità di certi uomini che hanno bisogno di abbracciare la giovinezza per sentirsi giovani? Quelli, che guardano le ragazze, non ti renderebbero mai felice. Ma ce ne sono altri. Non credo che la solitudine dipenda dall’età. Se fosse quello basterebbe imbrogliare, come facevano certe mamme e certe nonne, e togliersi gli anni raschiando pure la data sul passaporto. Credo che l’età sia piuttosto un setaccio, ma che importa? Oggi siamo circondate di mamme e nonne che si risposano. Solo questo mese sono stata a due feste di fidanzamento di amiche sessantenni. Ti pare poco? Forse siamo ancora troppo giovani! Lo so, vorresti essere abbracciata. Anche io, ma nel modo giusto, non come una fonte di eterna giovinezza: abbracciata da qualcuno che voglia abbracciare proprio me. Ci vuole solo un po’ di tempo. E noi, col tempo, abbiamo imparato a starci bene, perché lo frequentiamo da un po’ e ci ha regalato la capacità di scegliere finalmente chi essere, indipendentemente dallo sguardo degli altri. Praticamente un super potere.