Caro direttore,
mi dispiace ma non sono d'accordo con chi dice che allo stadio c'è razzismo contro i giocatori di colore. Non dico che in qualche caso questo sia la verità, qualche imbecille c'è sempre, ma nella maggior parte dei casi l'obiettivo è quello di mettere a disagio, di deprimere gli avversari nel loro punto più vulnerabile. Lo dico per esperienza diretta: se scoprono che hai il naso lungo, i tifosi avversari subito ti daranno del "nasone". Non dimentichiamo che lo stadio è lo sfogatoio pubblico, dove tutte le tensioni vengono scaricate sugli avversari. Ma parlare di razzismo negli stadi, mi sembra tutta una montatura.
Enzo Fuso
Lendinara (Ro)
Caro lettore,
mi perdoni la franchezza: ma, secondo lei, non è una forma, neppure tanto sottile, di razzismo definire il colore della pelle di una persona «il suo punto più vulnerabile»? In altre parole: a suo parere essere di carnagione nera, gialla o mulatta è un elemento di debolezza e fragilità, un "difetto" su cui è normale, almeno nei campi di calcio, infierire?
Lei ci sta spiegando che, per questa ragione, è comprensibile e forse persino giustificabile che un calciatore di origini africane o brasiliane sia insultato in quanto "nero", visto che il colore della sua pelle, diverso da quello della maggioranza delle persone presenti allo stadio, lo rende più attaccabile e vulnerabile? E per questa ragione, ritiene che, per esempio, gli insulti che abbiamo ascoltati a Udine rivolti al portiere milanista Maignan, possano far parte dei normali e variegati artifizi a cui i tifosi possono ricorrere per condizionare un calciatore avversario, distrarlo o indebolirlo?
Non vado oltre.