È casa Savoia che ha scritto la parola fine alla monarchia in Italia, non il referendum del 1946

Giovedì 8 Febbraio 2024

Caro direttore,

la morte a Ginevra di Vittorio Emanuele di Savoia oltreché la doverosa pietà umana come accade per la scomparsa di qualsiasi persona ha riacceso gli animi di alcuni nostalgici di una forma di Governo che, per quanto attiene all'Italia, la storia ha prima sconfitto e poi accantonato.

Addirittura qualcuno ha riportato a galla le polemiche legate al Referendum istituzionale del 2 giugno 1946 lamentando presunti brogli elettorali, peraltro mai dimostrati. In Italia la Monarchia è finita e personalmente spero non torni mai più. La nostra imperfetta Repubblica ci consente di eleggere i nostri rappresentanti attraverso un sistema elettorale da migliorare ma pur sempre preferibile all'idea che al vertice dello Stato ci sia una persona che governa "Per grazia di Dio e volontà della nazione"? Trovo poi una sorta di nemesi storica che i funerali si svolgano nel Giorno del ricordo che riporta alla memoria i massacri delle foibe e l'esodo giuliano dalmata: cioè le vittime di quella guerra che la Monarchia italiana non seppe evitare. A cui vanno aggiunti tutti i soldati italiani morti per difendere l'onore della loro Patria mentre i vertici dello Stato si mettevano in salvo.

Maurizio Conti
Portogruaro

Caro lettore,

qualcuno ha scritto che la nostalgia è «un archivio che rimuove i lati spigolosi dei cari vecchi ricordi». Tutti, per qualche motivo e in diverso modo, ne siamo vittime. Ma se la nostalgia, come sentimento individuale o familiare, merita il dovuto rispetto, non può però sostituirsi al giudizio storico-politico od alterarlo. Le polemiche sul referendum del 2 giugno 1946 che qualcuno ha voluto rilanciare in questi giorni sulla scia della notizia della morte di Vittorio Emanuele di Savoia, hanno davvero poco o nessun senso. Non solo perché da allora sono passati quasi 80 anni e i presunti brogli pro-Repubblica non sono mai state provati. Ma perché ci si dimentica che, prima ancora dell'esito di quella consultazione popolare, è stata la stessa Casa Savoia, durante il fascismo e dopo la sua caduta, con i comportamenti e le scelte dei suoi più illustri rappresentanti, a chiudere l'epoca della monarchia in Italia, già allora non priva di ombre. Lo ha fatto nel momento in cui nel 1938 il Re Vittorio Emanuele III di Savoia ha posto la sua firma sotto il provvedimento che introduceva in Italia le leggi razziali. E che ciò sia avvenuto per intima convinzione del monarca o per pura viltà, non sposta di una virgola il problema: fu un gesto indegno per chiunque, discendente della famiglia reale o semplice cittadino, volesse rappresentare e guidare un Paese. Lo ha fatto nel 1940 quando, in qualità di capo dello Stato il monarca sabaudo ha condiviso e non impedito la disastrosa entrata in guerra dell'Italia. Lo ha fatto ancora quando, l'8 settembre 1943, il cosiddetto Re Soldato e l'intera Casa Reale sono fuggiti precipitosamente da Roma alla volta di Brindisi lasciando le forze militari italiane e gli apparati dello Stato privi di qualsiasi indicazione o disposizione su come gestire e fronteggiare le conseguenze dell'Armistizio con gli alleati. C'è altro da aggiungere? A me proprio non pare. E non perché sono un convinto repubblicano. Ma perché credo che le lezioni della storia non si possano ignorare.

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