Egregio direttore,
Luigi Gentilini
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Caro lettore,
gli errori e le contraddizioni fanno parte del nostro lavoro: dare notizie ogni giorno e farlo avendo a disposizione tempi ristretti espone inevitabilmente i quotidiani a questo rischio. Nel caso della Russia però il problema è soprattutto un altro. Se nel paese di Putin ci fosse libertà di stampa; se i dati sull'economia russa fossero verificabili e certificati; se i responsabili politici ed economici del Cremlino si presentassero in conferenze stampa pronti a rispondere alle domande di tutti i giornalisti, non solo di quelli da loro selezionati (gli altri del resto hanno dovuto lasciare il Paese). Se in Russia ci fosse possibilità di manifestare il dissenso... Insomma se la Russia fosse un Paese con un livello di democrazia e di libertà anche solo accettabili, gli organi di informazione sarebbero in grado di fornire un quadro più corretto e aggiornato, nel bene come nel male, di ciò che accade in quel Paese. Invece non è possibile. Bisogna districarsi tra le veline e le false notizie fatte circolare dal regime. Bisogna affidarsi alle note più o meno riservate diffuse dai servizi segreti dei Paesi nemici, anch'esse ovviamente non imparziali e disinteressate. Bisogna interpretare le dichiarazioni o i movimenti dei vertici militari per cercare di capire l'evoluzione del conflitto. Il risultato è un quadro informativo incompleto e talvolta anche impreciso. Ma questo è inevitabile quando si deve raccontare un regime autocratico e liberticida come quello che Putin ha costruito. E questa è la differenza incolmabile che c'è tra un Paese libero e una dittatura.
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