Riforma della giustizia? Il problema è che le toghe ritengono di dover e poter decidere le leggi che le riguardano

Domenica 3 Dicembre 2023
Riforma della giustizia? Il problema è che le toghe ritengono di dover e poter decidere le leggi che le riguardano

Caro direttore,

a mio parere una delle più urgenti riforme di cui l'Italia ha bisogno è quella dell'apparato giudiziario. L'allarme che il ministro Crosetto ha lanciato in riferimento a quello che potremmo forse definire un manifesto programmatico della corrente di sinistra della magistratura dovrebbe farci riflettere. Non sono rari, infatti, i casi e le occasioni nei quali membri di quella corrente si sono permessi di applicare la legge interpretandola attraverso la loro lente ideologica, specie in politica migratoria. A questo punto, dunque, non vedo perché non istituire il test psicoattitudinale nei concorsi della magistratura per accertarsi, se possibile, che il candidato abbia la predisposizione per l'imparzialità e non sia, piuttosto, affetto da pregiudizi di natura politica nei confronti di un possibile governo che non sia costituito dai partiti progressisti.


Mauro Cicero
Mogliano Veneto TV


Caro lettore,
sono decenni che sentiamo, parliamo e scriviamo dell'urgenza di una riforma della giustizia.

E quanto sarebbe necessario un intervento legislativo in questo senso lo verificano ogni giorno tanti cittadini. Perché questa forse più di altre è una materia che riguarda tutti. Senza distinzioni di censo o di territorio. Mi sembra però che esista un problema di fondo. Una questione da risolvere a monte, si sarebbe detto qualche anno fa. E che viene prima ancora dei contenuti della riforma. Riguarda i rapporti mai veramente risolti tra politica e magistratura. E soprattutto la definizione chiara delle prerogative del governo. Mi spiego meglio: chi ha il potere, che gli deriva dal consenso popolare, di fare le riforme? La risposta dovrebbe essere ovvia: il governo e il Parlamento, cioè il potere politico. Questo principio nel nostro Paese trova applicazione in ogni settore e vale per ogni categoria, dai medici agli operai. Il governo decide una riforma, si confronta con i rappresentanti delle categorie interessate e poi decide sulla base di quello che ritiene l'interesse generale. Tocca poi al parlamento votare le leggi. Con i magistrati non è così. Le toghe, o almeno una parte di esse, ritengono di dovere e potere decidere le leggi che le riguardano. E se così non è, si sentono legittimate a impedire che vengano varate. Ci sono esempi molti noti in questo senso. Tutto ciò naturalmente accade anche perché, colpevolmente, partiti e movimenti negli anni scorsi, abdicando al proprio ruolo, hanno delegato alla magistratura un ruolo politico che non le è proprio, legittimando quindi ambizioni e obiettivi extra-giudiziari di una parte delle toghe. Ma dovrebbe restare fermo o essere ripristinato un principio: il governo fa le leggi, la magistratura le applica. Anche quando la riguardano da vicino.

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