Caro direttore, il fallimento dell'ennesimo referendum ha riportato alla luce un nodo della nostra democrazia. Non è una riflessione oziosa: l'uso strumentale dell'astensionismo da parte della politica stessa ne è un chiaro esempio. Celebre, in tal senso, l'invito all'astensione lanciato sia da esponenti di destra che di sinistra, entrambi al governo, come nel 2016 quando l'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi disse: «L'astensione a un referendum che ha il quorum è sacrosanta e legittima».
Emanuele Maniscalco
Travesio(Pn)
La risposta del direttore del Gazzettino Roberto Papetti
Caro lettore, separiamo i problemi. Se molti cittadini non vanno più a votare non è colpa di chi, oggi come ieri, a destra come a sinistra, in occasione di un referendum in cui è previsto il quorum decide di astenersi. Una scelta che si può discutere, che contrasta con il sentire "civico" di molti, ma che è a tutti gli effetti un "voto", anzi è la forma di contrarietà più netta e radicale rispetto ai quesiti referendari. Nel momento in cui è stato fissato un quorum, si è data, nei fatti, anche la possibilità di utilizzare l'astensione come strumento politico per opporsi all'abrogazione delle leggi sottoposte al giudizio degli elettori. Può piacere o no piacere, ma è così. La crescente fuga dal voto che registriamo ad ogni tornata elettorale, nazionale e locale, ha però altre ragioni: è figlia dell'indifferenza e della sfiducia, della lontananza della politica dai problemi reali e di sistemi elettorali che hanno tolto ai cittadini, consegnandola ai partiti, la possibilità di scegliere chi li deve rappresentare in Parlamento. Esprime il rifiuto di partecipare, non è un modo diverso di partecipare e di votare. Quanto ai referendum: mi pare evidente che, perchè tornino ad essere uno strumento utile ed efficace, occorra un ripensamento. Non solo legislativo. In un paese di 60 milioni di abitanti, aumentare la quota delle 500mila firme oggi necessarie per proporre un quesito, potrebbe avere un senso: per dare maggiore rappresentatività alle richieste e anche per disincentivare chi usa i referendum per avere un po' di visibilità mediatica e politica. Ma soprattutto è necessario chiamare i cittadini ad esprimersi su temi importanti e nel contempo chiari e comprensibili. Come sono stati in passato il divorzio, l'aborto o la scala mobile. O come potrebbe essere oggi il "fine vita". Pretendere di coinvolgere 30milioni e più di persone sul job's act è una pia illusione e, insieme, una dimostrazione di distacco dal paese reale. Infine il quorum. L'affluenza richiesta del 50% più uno dei votanti risponde a una logica democratica: a cancellare leggi che sono state approvate dalla maggioranza del Parlamento, cioè degli italiani, deve essere la maggioranza degli elettori. Cancellando il quorum si consegna nelle mani di minoranze, qualunque esse siano, il potere di contrapporsi e stravolgere le scelte del Parlamento.