Immigrazione, senza una politica comune in Europa sarà sempre emergenza

Martedì 31 Agosto 2021
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Caro direttore,
ritengo che i profughi afghani siano una cosa a parte. Ma migliaia di migranti provenienti da ogni parte si ritengono in diritto di trasferirsi in Italia, sperando di star meglio che a casa propria: sarebbe come dire, che siccome vivo modestamente, mi sento in diritto di trasferirmi a casa di Berlusconi, perché là starei meglio. Il problema non è che se arrivano sui barconi 50.000 diseredati in un anno, l' Italia non ce la fa. È proprio sbagliato il principio: non funziona più la convivenza, si creano sacche di disagio evidenti, specie nelle città e lo Stato non mi sembra in grado di far fronte al problema; sa solo noleggiare navi, affittare alberghi e fare gli interessi di cooperative nate allo scopo di accogliere i migranti. Se metà del denaro che spendiamo per una scadentissima accoglienza lo investissimo nei Paesi di provenienza, faremmo cosa utile due volte: per noi e per loro.

Gino De Carli


Caro lettore,
viviamo in un mondo percorso da forti tensioni e cambiamenti, non solo politici ma anche economici e climatici.

Tutti fenomeni che hanno spesso come conseguenza lo spostamento di centinaia di migliaia di persone. Solo a causa dell'innalzamento delle temperature si ritiene che nei prossimi decenni alcuni milioni di persone in Africa emigreranno verso aeree del mondo più vivibili. Poi ci sono le crisi politiche.

Cosa significa questo? Che se l'Europa, che è il primo e più immediato approdo per chi proviene dai paesi africani e asiatici, non si dota di una politica comune, seria ed efficace sull'immigrazione, ma persegue nella logica egoistica che il problema riguarda i paesi, e l'Italia prima fra tutti, dove gli immigrati sbarcano o superano i confini, ci troveremo ogni volta a fare i conti con una nuova emergenza. Oggi è l'Afghanistan. Domani sarà un altro paese.

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