Caro direttore,
qualche giorno fa mi trovavo tra le corsie di un grande negozio alla ricerca di un’asciugatrice. Il gentilissimo commesso, mentre mi stava spiegando i vantaggi del prolungamento di garanzia, d’un tratto si interrompeva per osservare un bimbo che, sotto gli occhi del padre, si stava divertendo nel ruotare le manopole di tutte le lavatrici della corsia a fianco. In modo cortese, ma risoluto, il commesso richiamava l’attenzione del padre: “Guardi che suo figlio sta girando le manopole delle lavatrici: potrebbero rompersi!”.
La risposta del padre, tanto pronta quanto beffarda, era: “Mi scusi: le manopole non sono fatte apposta per essere girate?”. Il sottoscritto, mosso dal desiderio di difendere la dignità del povero commesso apostrofava il giovane padre con: “Quelle manopole sono fatte per il lavoro e non per il gioco: se il figlio fosse stato il mio, gli avrei detto di smettere!”. Fine del battibecco. Uscito dal negozio venivo fermato da un signore con un bimbo per mano. Era ancora lui: il padre insolente, il quale mi redarguiva perentoriamente perché non mi ero fatto i fatti miei...
Mi chiedo: come può la scuola ottenere qualche risultato nell’educazione dei figli, se i padri si comportano così?
Roberto Turetta
Padova
Caro lettore,
questo episodio dimostra che ci sono molti buoni motivi, oltre a quelli dell’apprendimento, per evitare quanto più possibile la Dad, la cosiddetta Didattica a distanza, e far andare i ragazzi a scuola: in questo modo almeno lì si sottrae per qualche ora all’influenza nefasta e diseducativa di certi genitori. Battute a parte, credo che lei si sia imbattuto in un classico genitore “elicottero”, secondo l’efficace definizione di due psicoterapeute tedesche autrice di un libro di notevole successo.