Differenze fra dipendenti pubblici
e privati? Sono controproducenti

Martedì 30 Dicembre 2014
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Caro direttore,

il ministro del Lavoro: “Tutta la discussione sulla legge delega é stata fatta sul lavoro privato e quindi non é applicabile al pubblico impiego”. Il sottosegretario all’Economia: “È sconcertante l’affannarsi nel negare l’applicabilità della legge sul lavoro al pubblico impiego”. Sono bastate poche giornate di festa, una distrazione familiare del premier Renzi, che subito si rompe la sintonia nel gruppo di governo? Non si riesce a chiudere una porta, in Italia, che si aprono due finestre da cui tira vento forte.



Sarebbe opportuno e quasi “giusto” che uno statuto dei lavoratori valesse per tutti: privati, pubblici, ministeriali, ecc. Uguali regole d’ingaggio, pari opportunità, pari doveri e diritti, pari stipendi. Se così non è, come in Italia, la politica e le parti sociali dovrebbero farsi interpreti e fautori di una simile giustizia sociale. Altro che ricorrere a giustificazioni di sapore agevolativo che continuano a lasciare l’Italia che ci ritroviamo.




Natalino Daniele

Rubano (Padova)





Caro lettore, mi sarebbe strano che su una così assai discutibile decisione non emergessero dentro il governo sensibilità e posizione diverse. Matteo Renzi si è personalmente assunto la responsabilità di aver scelto di escludere i lavoratori pubblici dalla nuova riforma del lavoro e dell'articolo 18. Ne prendiamo atto. Ma nonostante l'autorevole presa di posizione, continuiamo a non capire perché debbano esistere due Italie e due mondi del lavoro, con regole diverse e anche diversi diritti.



I dipendenti pubblici, tra le altre cose, godono del privilegio, particolarmente prezioso in un periodo come l'attuale, del posto di lavoro a vita. Perché mai non devono essere, anche in questo, caso "più uguali" dei lavoratori del settore privato? Non ci convince chi, genericamente e in modo qualunquista, dipinge in modo negativo o macchiettistico tutti i dipendenti pubblici, come se nello Stato e negli enti locali non esistessero competenze, professionalità ed eccellenze. Ce ne sono e in alcuni i casi, basti pensare agli insegnanti o alle forze dell'ordine, sono anche pagati in modo inadeguato. Tuttavia perpetuare una divisione tra lavoratori di serie A e di serie B è sbagliato e controproducente. Per tutti.

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