Nel nostro Paese spesso manca
la volontà di capire gli altri

Martedì 4 Novembre 2014
5
Caro direttore,

l'Italia si è velocemente trasformata in stato totalitario dove vige il pensiero unico. Nessuno può più esprimere le proprie idee senza timore di linciaggi morali e mediatici e forse anche fisici, nessuno può pensare, e tanto meno esprimersi, in difformità dall'andazzo imperante dettato dal globale progressismo culturale orientato perlopiù a sinistra. Le rivolgo alcune domande retoriche, ma non del tutto. Perché non é permesso dire "i gay non mi piacciono"? Perché non è permesso dire "sono contrario ai matrimoni gay e soprattutto alle adozioni da parte delle coppie gay"? Perché non si può dire che gli immigrati andrebbero rimandati a casa loro? Perché non ci si deve lamentare se gli immigrati hanno maggiori diritti e benefici degli italiani? Perché non si può essere in disaccordo con la famiglia Cucchi, con la famiglia Aldrovandi? Perché quando ci comoda la Polizia deve "picchiare duro" ma quando non ci comoda la mettiamo sul banco degli imputati?



Perché la droga deve essere libera? Perché ciò che fa male non viene messo al bando? Perché se io danneggio una cosa comune o pubblica vengo immediatamente colpito e sanzionato e invece i cortei, i no tav, i centri sociali e financo semplici immigrati irregolari la passano sempre liscia? Perché se un italiano viene colto a rubare cibo in un supermercato ne passa di tutti i colori e invece se un extracomunitario usa violenza, rapina, ruba in casa mia, danneggia le mie cose o le cose comuni spesso tutto si risolve in una diffida a lasciare il Paese?




Lettera firmata

Mestre



-- --



Caro lettore,

raccolgo la sua provocazione. Ma se ieri non era vero, come piaceva a qualcuno raccontare, che l'Italia fosse la cenerentola della libertà di stampa mondiale, oggi è eccessivo dire che nel nostro Paese vige la dittatura del pensiero unico. Tuttavia capisco bene la sua insofferenza verso un atteggiamento culturale, molto diffuso, che tende a negare ogni diritto di cittadinanza a tutto ciò che sfugge ai canoni del politicamente corretto. Perché accade? Perché è molto più semplice liquidare come fasciste, intolleranti o razziste (e quindi, come tali, improponibili) affermazioni o domande retoriche come quelle che lei pone, piuttosto che provare a dare loro risposte e fare conti con i problemi, i dubbi, le ansie che quegli interrrogativi pongono.



E' questo uno dei vizi di una certa sinistra italiana, non a caso egemone nei salotti e nelle piazze assai più che nelle urne elettorali. Per supponenza culturale è abituata a far prevalere l'ideologia (la sua) sulla realtà, a esorcizzare i temi scomodi in nome degli alti principi, non a confrontarsi con essi. Ma detto ciò, mi permetta anche di aggiungere una considerazione. Dall'una e dall'altra parte credo manchi molto spesso un comune principio di tolleranza. La capacità e la volontà cioè di comprendere le ragioni degli altri, sforzandosi non di condividerle, ma almeno di capirle. Senza mai dimenticarsi un sano principio: nella tolleranza c'è forza, nell'intolleranza soprattutto prepotenza.
Ultimo aggiornamento: 13:45

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci