Uno degli ultimi reperti individuati potrebbe essere un dente umano. L’emozione è forte nella squadra di archeologi, antropologi e paleontologi al lavoro nei cunicoli della Grotta Guattari, incastonata sul promontorio del Circeo. Il filo diretto con un uomo di Neanderthal vissuto 60 mila anni fa è proprio lì, a portata di mano.
IL PREMIO NOBEL
Ora si scrive un nuovo capitolo. «Abbiamo raccolto con le recenti indagini almeno 43 reperti fossili riconducibili a Neanderthal, tanto che lo stesso Svante Pääbo, il premio Nobel per la medicina, che ha sequenziato il genoma dei Neanderthal, lo considera un campionario eccezionale, unico a livello europeo», commenta Francesco Di Mario, l’archeologo della Soprintendenza che dirige lo scavo. Un dente e decine di ossa, dunque. Le nuove scoperte consentono di mettere a fuoco un nuovo identikit dell’uomo di Neanderthal del Circeo. «I nuovi dati ci aprono orizzonti di conoscenza che fino ad ora non avevamo contemplato - commenta Mauro Rubini, responsabile del servizio di Antropologia per la Soprintendenza - Innanzitutto aveva sviluppato una morfologia facciale particolare, leggermente differente, con alcuni aspetti arcaici come le arcate degli occhi prominenti e lo spessore delle ossa del cranio consistenti, ma anche con aspetti più moderni, evoluti, proiettati verso l’Homo Sapiens». Probabilmente, questo gruppo di Neanderthal, isolato nell’area del Circeo, avrebbe sviluppato caratteristiche proprie nell’arco di duemila anni, tra i 61 mila e i 59 mila anni fa, non altro che l’epoca in cui sono stati circoscritti i resti fossili rinvenuti all’interno della Grotta. «Era cacciatore, ma anche consumatore di cereali - continua Rubini - I resti di Grotta Guattari, poi, hanno svelato la sua capacità ad adattarsi ad un clima temperato».
IL CERVELLO
Il bello dell’impresa è la ricerca multidisciplinare con fior di eccellenze specialistiche fianco a fianco, tra Ministero della Cultura, l’università Tor Vergata, il Cnr, la sinergia con gli atenei di Firenze e Pisa, fino al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia. Collaborazione strategica che ha consentito di risolvere una volta per tutte il “caso” del cannibalismo, sollevato dai fori alla base di tutti i crani ritrovati: «Possiamo superare del tutto la vecchia ipotesi di cerebrofagia - dice Francesco Di Mario - le nuove analisi sui fori dimostrano tracce dei canini delle iene, e quindi escludiamo un’estrazione del cervello da parte umana». La Grotta era il regno delle iene, esemplari del Pleistocene, poi estinte. Il vero competitor e incubo del Neanderthal.