I​l sottomarino USS Florida nel golfo di Napoli: la caccia dei sommergibili nel Mediterraneo

La sosta logistica del sottomarino assegnato alla Sesta Flotta

Lunedì 7 Agosto 2023 di Gianni Molinari
I l sottomarino USS Florida nel golfo di Napoli: la caccia dei sommergibili nel Mediterraneo

Le scarpe sono di gomma perché l'unico vero nemico tangibile è il rumore. Rumore che non deve sporcare l'ascolto del più flebile dei segnali dall'esterno. Rumore che non deve far capire che nelle tenebre degli abissi marini c'è un cacciatore che partecipa a una infinita battuta tra «guardia e ladri», dove i ruoli spesso si confondono e si sovrappongono. È una caccia ipotetica, una serie di operazioni preventive che la guerra in Ucraina ha reso più sistematiche e, in un certo senso necessarie.

Il sottomarino USS nel Golfo di Napoli

Il mare è il Mediterraneo, forgiato da millenni di eventi militari, l'oggetto sono i gasdotti che portano il gas dai paesi della sponda sud a quelli europei, a cominciare dall'Italia, e che hanno praticamente - con la guerra in Ucraina - rimpiazzato le forniture dalla Russia.

Energia indispensabile a un'Europa che riteneva di avere chiuso - almeno per il medio termine - la partita schiacciandosi sulle forniture a buon mercato di gas dalla Russia, tanto convinta che non ci sarebbe stato altro scenario da fondare la stragrande maggioranza del nuovo corso (addio al carbone e al petrolio) di produzione di energia elettrica sulle centrali a gas. Arrivando, la Germania che più di tutti si era schiacciata sulle forniture di GazProm, a decidere di chiudere le centrali nucleari, come passaggio all'energia green e, invece, era solo perché l'energia nucleare costava molto di più di quella prodotta dalle centrali alimentate dal gas russo.

Brusco e durissimo risveglio (contingentamento dei riscaldamenti, tagli ai grandi consumatori, aumento esponenziale del costo dell'energia) e pronto nuovo piano di forniture: dai Paesi della sponda sud del Mediterraneo, non proprio campioni di democrazia, e per questo anche di non sicura affidabilità.

E poi il mare nei cui abissi scorrono le arterie del gas. Chi come l'Italia nel Mediterraneo è completamente immersa ha avuto precisa la cognizione che agli accordi commerciali andava associato un piano militare di sorveglianza. Piano piano, e soprattutto dopo l'esplosione nel mar Baltico del gasdotto Nord Stream, si è capito che il problema non erano solo eventuali sommergibili «non amici» ma anche altri strumenti che avrebbero potuto avvicinare con facilità e danneggiare, anche parzialmente, le strutture. O - come nell'altro grande capitolo degli abissi, quello dei cavi sottomarini per le telecomunicazioni - agganciare e carpire flussi di dati.

Gli abissi sono il regno dei sottomarini: il loro è un lavoro continuo, ovviamente senza nessuna ribalta. Ma indispensabile di prevenzione e di contrasto. Azione che la Marina italiana ha rafforzato dal settembre 2022, come spiegò all'epoca il capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Cavo Dragone, impiegando anche navi e robot telecomandati, oltre che, a turno, gli otto sommergibili di cui dispone.

La ricerca è nel buio e nel silenzio: i sommergibili scivolano via nei fondali, a caccia di qualsiasi segnale. Ogni impulso rilevato viene trasformato in forme grafiche e analizzato da specialisti. Ognuno di questi segni ha un significato, indica qualcosa: è l'analisi di queste informazioni a lanciare un allarme o richiedere un approfondimento. È la formazione del personale a fare la differenza. 

La missione

Sicchè la presenza nel golfo di Napoli dell'USS Florida, sottomarino ora assegnato alla Sesta Flotta, per una breve sosta logistica e l'incontro con personalità delle Forze Armate - tra le quali il comandante dei sommergili italiani, contrammiraglio Vito Lacerenza - di Polizia e del mondo del mare napoletano, aiuta a capire meglio quanta preparazione e formazione del personale venga dispiegata per queste operazioni.

«A differenza di qualunque altro ambito professionale in cui ci si dedica per il 90 per cento ad attività operative che portano profitto - spiega il Contrammiraglio Stephen Mack, comandante della forza sommergibili della Nato - questo equipaggio usa il 90 per cento del tempo in formazione, addestramento, certificazioni di sicurezza, esercitazioni, affinché possa farsi trovare preparato in quel dieci per cento di casi in cui è richiesta una missione operativa».

Non si parla di operazioni e nemmeno di gasdotti (gran parte del battello è ovviamente off limits), ma l'ufficiale americano riconosce che «le nazioni, nel rispetto della sovranità di ciascuno Stato, hanno un interesse profondo e valutano attentamente queste questioni». Così come sottolinea i rapporti con l'Italia e Napoli: «Altri non hanno il privilegio che abbiamo noi di poter arrivare in un porto come Napoli e di accogliere amici a bordo delle nostre navi, consentendo ai nostri marinai di sperimentare la cultura di altre nazioni che condividono valori simili ai nostri».

«Facciamo tutto ciò l'uno per l'altro perché condividiamo valori e principi simili. La Russia - sottolinea - non beneficia di questa opportunità poiché nessuno, ad eccezione di poche nazioni, condivide valori simili ai loro».

L'USS Florida, visto da vicino, fa una certa impressione: le dimensioni sono giganti a cominciare dai 170 metri di lunghezza e 13 di profondità, dalle 17mila tonnellate di stazza e dallo stock di 154 missili Tomahawk. Un gigante governato da 160 donne e uomini che si muovono tra cinque ponti e una serie infinita di corridoi: ciascuno con la sua specificità (compreso un medico di bordo che può fare anche piccole operazioni usando come tavolo operatorio il quadrato degli ufficiali) e le sue regole (gli ufficiali si distinguono dal colore della cintura, giacché le divise sott'acqua sono molto spartane). Riempita la cambusa, l'USS Florida riparte. «Guardia e ladri» continua. 

Ultimo aggiornamento: 9 Agosto, 07:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA