Prof scagionato dopo 6 anni dall'accusa di molestie, le alunne lo denunciarono dopo il sequestro di un cellulare

Il professor Giovanni Di Presa nel 2018 venne accusato da tre studentesse 13enni della scuola media Paolo Soprani, a Castelfidardo in provincia di Ancona, di violenza sessuale aggravata e maltrattamenti

Giovedì 18 Gennaio 2024 di Raffaella Troili
Prof scagionato dopo 6 anni dall'accusa di molestie, le alunne lo denunciarono dopo il sequestro di un cellulare

Una crudele quanto banale ritorsione, perché un giorno in classe aveva sequestrato il cellulare a una studentessa. Da allora in clima cambiò, anzi degenerò. Ora ammette che forse «è stato troppo amico, mi facevo chiamare Gianni» e che «era più conveniente mantenere una certa distanza». Il professor Giovanni Di Presa, 64 anni, è stato assolto con formula piena perché il fatto non sussiste: nel 2018 venne accusato da tre studentesse 13enni della scuola media Paolo Soprani, a Castelfidardo in provincia di Ancona, di violenza sessuale aggravata e maltrattamenti.

Tutto ebbe inizio con una convocazione, la professoressa fiduciaria del plesso lo informò delle accuse di violenza sessuale nei suoi confronti. Tanti piccoli e grandi episodi. Alcune ragazzine per esempio riferivano che il docente di sostegno spesso anche supplente come accade nelle scuole aveva toccato loro il fondoschiena. Erano le amiche dell'alunna a cui il docente aveva sequestrato lo smartphone, «perché a volte gli studenti in classe esagerano», ripete Di Presa che ora desidera solo tornare a insegnare, anche nella stessa scuola.

Ma per lui è iniziata una lunga odissea. Sospeso dall'insegnamento, il buon nome compromesso da accuse infamanti che lo hanno portato a isolarsi ed essere isolato. «Già prima delle accuse, dopo quell'episodio mi guardavano male, una volta perché ho toccato il ginocchio di un ragazzo che si era fatto male. Ma io sono un fisioterapista, potevo essere utile, mentre in base ai racconti che hanno messo in giro avrei commesso violenze in pubblico». Di Presa da subito ha proclamato la sua innocenza, nei momenti più bui ha anche pensato che qualcuno volesse lucrarci «con i risarcimenti, avevano chiesto 50mila euro a testa» e non ha mai avuto dubbi che si trattasse di una ritorsione. Ma c'erano quelle accuse: alcune ragazzine parlavano di carezze imbarazzanti, una studentessa disabile avrebbe raccontato che il docente avrebbe alzato le mani su di lei, tirandole i capelli, ferendola con un compasso e prendendola a schiaffi. Nel 2021 è arrivata la prima sentenza di assoluzione dal reato di violenza sessuale, perché il fatto non sussiste, ora la seconda dopo sei anni di attesa e prostrazione: è caduta anche la condanna per maltrattamenti.

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«VITTIMA DI UN COMPLOTTO»

Il prof si sente «vittima di un complotto di classe», messo in atto da una studentessa, in realtà la parola "complotto" è scritta nelle motivazioni della sentenza dei giudici di secondo grado, tre donne. Anche i colleghi si sono schierati dalla sua parte, ascoltati durante le indagini, hanno detto che dietro le quinte avrebbe "orchestrato" tutto una alunna, supportata da altre tre amiche. Attraverso "un'invenzione di fatti non veri o enfatizzando fatti veri ma minimali", avrebbe suscitato la ritorsione. «L'ipotesi che tutta la classe - scrivono i giudici - si fosse coalizzata per protestare contro il professore non appare così remota». Ora è emersa la verità giudiziaria, è arrivata anche l'assoluzione dai maltrattamenti in Corte di Appello. Di Presa, assistito dagli avvocati Gianni Marasca e Susanna Randazzo, dice che «non sarà facile tornare ad essere quello che ero. Incaricherò i miei legali di verificare la possibilità di essere risarcito del danno subito». Ammette: «Ho passato un inferno, in questo lungo periodo ho pensato anche a gesti estremi». Ma non cova rancore: «Io sono religioso, li perdono, ho pietà per loro. Volevo solo ottenere giustizia».

E con questo spirito Di Presa che ha moglie e figlia «che hanno sempre creduto in me» intende tornare a scuola, dove è arrivato tardi come docente di sostegno, gestiva alunni affetti da disturbi nell'apprendimento. Certo, «tornassi indietro sarei meno amichevole», allora «avevo tolto un muro, un confine tra me e loro. Poi sono diventato il nemico. Ho subito la gogna mediatica, sono stato additato». Non si tira indietro. «Incontrare chi mi ha accusato? Certo, non ho rancore. Vorrei chiedere loro perché lo hanno fatto, fino a che punto volevate arrivare? E le conseguenze? Non si gioca con la vita delle persone. Qualche studente mi è già capitato di incontrarlo. Mi hanno fotografato e deriso nelle chat». Ma punta l'indice sulle famiglie: «Credo debbano essere loro a chiedere conto di vicende come questa: perché la scuola per me funziona ancora, ma sono le famiglie a rinunciare spesso al loro ruolo. Ai genitori chiedo di stare più vicini ai loro figli».

Ultimo aggiornamento: 13:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA