Naufragio a Lampedusa, i migranti: «Sbalzati da un'onda siamo sopravvissuti grazie alle camere d'aria»

C'era mare grosso, ed è stata un'onda più alta delle altre a far capovolgere la barca di ferro di 7 metri sulla quale stavano stipati in 45

Giovedì 10 Agosto 2023 di Cristiana Mangani
«Sbalzati da un'onda siamo sopravvissuti grazie alle camere d'aria»

Impauriti, sotto choc, confusi: ricordano l'incubo vissuto negli ultimi giorni quasi con freddezza, come se la morte fosse una eventualità che ognuno di loro aveva messo in conto. Il dottor Adriano Chiaromonte che li ha visitati non appena sono arrivati a Lampedusa, non è nuovo a queste storie.
Conosce i traumi che ognuno di loro ha sofferto ed è lui a raccogliere la prima testimonianza. C'era mare grosso, ed è stata un'onda più alta delle altre a far capovolgere la barca di ferro di 7 metri sulla quale stavano stipati in 45. «Ci siamo aggrappati alle camere d'aria, solo in 15 avevano il salvagente - ripetono ai soccorritori -. Siamo finiti in acqua dopo che ci ha colpiti un'onda violentissima. Ma con il passare del tempo, forse ore, abbiamo visto i nostri compagni di viaggio prima allontanarsi, trasportati dalle forti correnti del mare, e poi sparire. Alcuni li abbiamo visti venire inghiottiti dalle onde».

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I DUBBI

I quattro superstiti dell'ennesimo naufragio che si è consumato davanti alla Libia - due ragazzi e una ragazza minorenni e non accompagnati e un uomo adulto provenienti da Guinea e Costa d'Avorio - hanno lo sguardo fisso, senza espressione, quando raccontano il loro incubo. Le testimonianze vengono raccolte dagli investigatori anche se, al momento, non ci sono riscontri tra le autorità italiane riguardo alla ricostruzione. E, soprattutto, quello che hanno detto non convince diversi soccorritori, perché ritengono che le loro condizioni siano incompatibili con giorni in acqua senza cibo.

Ad ascoltarli, con l'assistenza e il supporto degli operatori della Croce Rossa italiana che si occupa della gestione del centro di primissima accoglienza di contrada Imbriacola, sono i poliziotti della squadra mobile della Questura di Agrigento. Agenti che nei prossimi giorni li sentiranno di nuovo: i loro racconti sono infatti confusi e pieni di lacune ed è evidente che i quattro hanno paura di parlare. Secondo quanto hanno dichiarato finora, erano partiti dalla Tunisia e viaggiavano insieme con altre 41 persone, tra le quali non c'erano né familiari né loro parenti: «Solo più conoscenti e amici - dicono - . Siamo partiti giovedì 3 agosto da Sfax, alle ore 16». Poi il barchino si è capovolto: «Erano passate circa sei ore di navigazione», ricordano un paio di loro, mentre altri invece parlano di giovedì sera quale momento in cui la carretta ha preso il largo e che il naufragio è avvenuto durante la notte, forse di venerdì.

Dopo diverse ore passate in acqua aggrappati alle camere d'aria, hanno spiegato ancora i quattro sopravvissuti, «abbiamo visto una barca di ferro vuota che era alla deriva in mezzo al mare, e l'abbiamo raggiunta. Eravamo in dieci». Ma su che fine abbiano fatto gli altri sei migranti che sarebbero saliti sul barchino trovato senza motore, i naufraghi non sono stati in grado finora di spiegarlo.

GLI INTERROGATORI

Torneranno dunque ad essere ascoltati anche nelle prossime ore, per cercare di colmare i buchi del racconto. Amnesie che potrebbero essere dettate dalla paura di rappresaglie da parte di chi ha organizzato e gestito la traversata. «Sono provati e credo che abbiano anche dei timori a parlare», ha confermato Ignazio Schintu, vice segretario generale della Croce rossa italiana.

Ultimo aggiornamento: 10:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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