Terzo polo, Casini: «Berlusconi? Vittoria
teorica, il campionato è ancora lungo»

Giovedì 16 Dicembre 2010
Fini e Casini
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ROMA (16 dicembre) - Chi pensava che dopo la compravendita dei giorni scorsi il terzo Polo si sarebbe disgregato dovr rendersi conto che noi siamo la speranza, ed il destino di Berlusconi di essere precario»: lo ha detto il leader dell'Api, Francesco Rutelli. Il terzo polo formato da Api, Udc e Fli non si chiama "Polo della nazione" ha poi specificato Rutelli: «Il nome non c'‚ ancora, non è stato ancora deciso, lo faremo prossimament». Fini, Casini, Rutelli, Libdem, Mpa, Repubblicani e Liberali hanno annunciato ieri la nascita di un nuovo polo forte di 100 parlamentari. E' «inesistente», è stato il commento del premier Silvio Berlusconi. Il premier Berlusconi insiste invece nel corteggiamento di singoli parlamentari centristi e finiani delusi dai loro leader, magari per riunirli in un "gruppo di moderati".



Fini: uscire dal derby perenne amici-nemici di Berlusconi. «Chi è allergico alle critiche ha detto, quella è la porta, perchè nel Pdl non si può. Dobbiamo uscire, dopo 16 anni dal perenne derby amici o nemici di Berlusconi - ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, stasera a Firenze ad una cena di auguri natalizi organizzata da Futuro e libertà - Ci raccorderemo con quelle forze che si sono raccordate alla necessità nazionale».



«A nostro modo di vedere serve una nuova fase, una svolta politica - ha detto Fini - Serve aprire una nuova pagina che si sarebbe aperta se fosse stata approvata la mozione di sfiducia che abbiamo presentato nei giorni scorsi. Mozione che era finalizzata innanzitutto a rendere possibile un nuovo centro destra più rispettose degli impegni presi. La mozione è stata battuta, ne prendiamo atto: ma solo chi non vuole vincere non mette in conto una battuta d'arresto». Secondo Fini «serve una nuova fase se vogliamo evitare che l'Italia rimanga divisa e percorsa da tante tensioni, serve una nuova fase perchè siamo in presenza di una promessa non mantenuta, di un fallimento: non c'è alcun tradimento da parte di chi è stato eletto nelle liste del Pdl, ma il dovere civile di reagire all'evidente fallimento di un progetto politico».



Fini: di solito si tradisce per andare al governo. «Non avevamo mai visto qualcuno che con la volontà di tradire lascia i posti al governo: di solito si tradisce per andare al governo - ha detto Gianfranco Fini intervenendo alla cena di auguri natalizi di Fli a Firenze - Non abbiamo mai pensato alla politica come a una possibilità per scalare posizioni di potere. Chi sta con Futuro e libertà oggi lo ha fatto perchè ha una dignità. Non si poteva tacere oltre, dire che tutto andava bene, dire che la colpa era di altri: è arrivato il momento di dire che si può fare di più e meglio». Fini ha concluso dicendo che «noi ci proviamo confidando non sulla gestione del potere, ma sulla volontà di tanti italiani di rimboccarsi le maniche e di unirsi perchè il futuro sia davvero un futuro di libertà».



«Da Futuro e libertà può uscire qualche deputato: Silvio Berlusconi è un grande seduttore, la carne è debole... ma ogni volta che esce qualcuno entrano tante persone che chiedono di respirare un po' d'aria pulita dando tanto senza chiedere niente e scontando l'imparità di mezzi», ha detto ancora Fini.



La mozione di sfiducia bocciata dalla Camera «è stata un'occasione perduta, lo dico con rammarico - ha concluso Fini - Ci raccorderemo in Parlamento con le forze che si sono richiamate al valore della responsabilità nazionale. La stella polare deve essere l'interesse dell'Italia: noi lo faremo come opposizione responsabile nel Parlamento e nel Paese nei prossimi mesi». Tutto questo mentre, accusa il leader di Fli, «chi governa l'Italia continua a vederla come il paese dei balocchi, come in uno spot televisivo. Fli non sarà una forza estranea ai valori del centrodestra, che sono amare la patria, il primato della legge, un'economia che produce ricchezza e non è rendita e speculazione finanziaria, e giustizia sociale. In questo centrodestra ci siamo e nessuno ci può cacciare».



Casini: vittoria teorica, campionato lungo. Certo, Berlusconi ha vinto, «ma per tre voti, una vittoria teorica, perchè il campionato è ancora lungo». Così Pier Ferdinando Casini ospite di Annozero, ribadendo che dopo la scelta del Cavaliere di andare alla conta in Parlamento, l'ipotesi di un governo di responsabilità nazionale è del tutto archiviata. «Guardo alla Germania - ha detto Casini - è vedo che là funziona, qui invece si ritiene di andare avanti con due voti. Berlusconi ha preferito la conta parlamentare? Beh il problema è chiuso, il Parlamento ha scelto per il governo Berlusconi. Auguri e buon lavoro! Berlusconi ritiene di andare avanti con due voti? Auguri!».



Intanto il ministro della Difesa e coordinatore Pdl Ignazio La Russa auspica un allargamento della maggioranza senza ambiguità e in chiarezza. Intervistato dal Corriere della Sera e osserva che un ruolo di riferimento per modificare l'atteggiamento di chi potrebbe scivolare verso le opposizioni potrebbero giocarlo Moffa e Viespoli. Se non si riuscisse ad allargare la base parlamentare, aggiunge, non restano che le elezioni. Dal Fli, intervistato da Repubblica Italo Bocchino afferma che se anche conquistasse altri 5 o 10 deputati, il premier sarebbe costretto sempre a galleggiare, o a ricorrere alle urne. E sottolinea che Fli è unito e sarà costruttivo.



Giornali anglosassoni all'attacco. Berlusconi è «sopravvissuto» al voto sulla fiducia, ma il suo «è un fallimento personale». E l'Italia «ha bisogno con urgenza di nuovi leader, di nuove elezioni e di un approccio più onestoal governare». È quanto scrive oggi il quotidiano statunitense The New York Times che in un editoriale commenta duramente l'attuale situazione politica italiana. E, sempre oggi, l'editoriale del britannico The Financial Times, nota che Berlusconi «deve avere unghie resistenti se, tra la violenza nelle strade di Roma e le risse in Parlamento, è rimasto aggrappato al potere con il minimo scarto».



Negli Usa, il Nyt, in un editoriale non firmato, è secco: «Il governo di Berlusconi è discreditato e non può comandare una maggioranza in grado di funzionare. L'Italia non può tollerare questa situazione a lungo». E gli investitori - ricorda - «sono nervosi riguardo al Paese, affondato da una corruzione pervasiva e da una burocrazia gravosa ad ogni livello di potere». Con un centrosinistra «diviso e ancora incapace di compattarsi e governare, il fallimento di Berlusconi è personale», sottolinea il Nyt, ricordando che il premier «si è alienato anche i suoi più vicini alleati». Il suo restare in carica «ha estenuato l'Italia, abbassato il livello dei discorsi pubblici, indebolito il ruolo della legge». Il Paese, conclude, «necessita di un nuovo governo abbastanza audace e credibile da disfare i danni dell'era Berlusconi».



In Gran Bretagna, il Financial Times definisce quella del premier «una vittoria di Pirro» mentre è l'Italia «la grande sconfitta, come spesso è accaduto durante la farsesca leadership di Berlusconi». Il Paese ha «bisogno di riforme: un giovane su quattro non ha lavoro, la crescita è poco meno che anemica e il debito nazionale ha toccato 1.800 miliardi di euro. Berlusconi senza alcun dubbio ha dimostrato di non essere capace di affrontare queste sfide. La tragedia italiana è che finora non è emerso nessuno più capace che possa farlo sloggiare».



Anche il settimanale The Economist dedica un articolo - dal titolo «Aggrappandosi» - al voto di fiducia di martedì, «non un gran giorno per la democrazia parlamentare in Italia». Il settimanale analizza le due facce della vittoria del premier, «i tumulti» alla Camera e «le pericolose sommosse» in piazza a Roma. Queste ultime, «sono un isolato attacco degli ultras o una spia delle difficoltà di un Paese che affronta la stagnazione, con un'economia a malapena cresciuta nell'ultima decade e con la politica che resta bloccata?», si chiede il settimanale, che conclude: «A meno che Berlusconi non trovi un improbabile accordo con l'Udc, le elezioni anticipate sembrano ancora probabili».



Berlusconi ne esce «gravemente indebolito» ma il vero «sconfitto» della settimana è Gianfranco Fini, «incapace sia di rovesciare Berlusconi che di tenere il controllo dei suoi seguaci», scrive ancora l'Economist. «Berlusconi - osserva il settimanale britannico - ha detto che il voto (di martedì alla Camera, ndr) ha dimostrato che non c'è una maggioranza alternativa a quella esistente formata da Pdl e Lega. In parte ha ragione. Fini ha giurato di non voler tradire i suoi elettori di destra formando una nuova maggioranza con l'opposizione (anche se è stato felice di votare con gli avversari di Berlusconi per tentare di buttare giù il governo, non ultima delle incongruenze di un uomo che vuole rimanere presidente della Camera mentre guida la sua fazione politica). Ma Berlusconi - avverte l'Economist - ora è a capo di un governo che altro non è che di minoranza».
Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 22:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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