Renata Polverini, ritorno alle Europee con Forza Italia. Caccia ai nomi: Bandecchi vuole Sgarbi

L’ex governatrice: «Pronta a correre nel Lazio. Ho già parlato con Tajani»

Martedì 6 Febbraio 2024 di Francesco Bechis
enata Polverini, ritorno alle Europee con FI. Caccia ai nomi: Bandecchi vuole Sgarbi

 Ha appena messo un piede fuori dal governo, deve ancora incontrare Giorgia Meloni «perché la lettera delle dimissioni gliela darò in mano» e il telefono non smette di squillare. Pensiero stupendo: candidare Vittorio Sgarbi alle Europee. C’è la fila, quasi si litiga: il sindaco di Terni Stefano Bandecchi, Maurizio Lupi, Cateno De Luca.

Lui, il critico dimissionario dal ministero della Cultura, è in sollucchero: «Sì, mi chiamano. Ma a giugno voglio lanciare il “Partito degli eccentrici”», rivela al Messaggero. Sarebbe? «Io, Vannacci, Paragone, Bandecchi, De Luca: ho fatto i conti, al 4 per cento ci arriviamo». 

LE SORPRESE

Se ne vedranno delle belle, da qui al voto spartiacque in Ue che già agita i palazzi della politica. E chissà quante sorprese. Ad esempio: il ritorno in campo di Renata Polverini. Candidata con Forza Italia, ovviamente nel Lazio di cui è stata presidente. Rumors? Niente affatto: è quasi tutto pronto. «Ne ho parlato con Tajani e Barelli, voglio rimettermi in gioco», spiega lei raggiunta al telefono, senza celare un fremito di entusiasmo: «Sto facendo incontri sul territorio, associazioni, sindacato, trovo grande apprezzamento». Dalla Pisana all’emiciclo di Strasburgo, con un lungo intermezzo a Montecitorio: via libera all’operazione «Ri-nata», come l’hanno ribattezzata dal partito azzurro. 
Insomma, nel centrodestra la caccia ai porta-voti per le Europee è partita. Anche se tutti negano: «Le liste? È troppo presto». In verità sono già scritte a metà. Compilate con i nomi sicuri. Per Fratelli d’Italia, che entrerà all’Europarlamento con una pattuglia più che raddoppiata rispetto a cinque anni fa, significa ricandidare tutti gli uscenti, insieme a un pezzo di classe dirigente locale: Regioni e Comuni. 

Ora però serve compilare l’altra metà: nomi forti della società civile, perché no, anche dello spettacolo, vecchie glorie della politica. In ogni caso mattatrici e mattatori delle urne perché alle Europee sono le preferenze a decidere chi vince e chi no e dunque ogni singolo voto conta. Matteo Salvini, è noto, punta le sue fiches sul generale e già Parà della Folgore Roberto Vannacci. Voleva candidarlo ovunque, il generale del “Mondo al contrario”, capolista in tutte e cinque le circoscrizioni. Ma i mugugni del pancione leghista al Nord sulla scommessa Vannacci stanno spingendo il segretario del Carroccio verso un passo indietro. Almeno nel Nord-Est, il bastione del Veneto dove la base leghista resiste all’avanzata di Fratelli d’Italia, Salvini vorrebbe capolista Luca Zaia. E lui, il “Doge”, dopo qualche rimostranza, sarebbe disposto a prestarsi all’impresa, da soldato qual è. Servono nomi forti, “volti noti” ripete Salvini ai suoi ad ogni occasione. Una tentazione? Cristina Seymandi, l’imprenditrice torinese finita al centro di un ciclone mediatico: la separazione-show con il promesso sposo Massimo Segre, ripresa da un video virale. 
Anche l’opzione Sgarbi inizia a solleticare l’appetito di partiti grandi e piccoli. «Io dò la priorità al mio amico Lupi», spiega il critico, dimessosi dopo il rapporto dell’Antitrust sull’incompatibilità fra le sue consulenze d’arte e l’incarico pubblico, «ma non escludo nulla». Vorrebbe lanciare il “partito degli eccentrici”, «potremmo anche chiamarlo Liberi tutti». Ha fatto già i conti: «Vannacci vale il due per cento, Cateno e Bandecchi altri due punti, io 0,8, Paragone l’uno: possiamo superare la soglia, abbiamo i voti e il carisma». Fa sul serio Sgarbi. L’altro giorno ha inviato un messaggino a De Luca, leader di “Sud chiama Nord” tentato da un’alleanza con Azione alle Europee: «Caro Cateno, questo accordo con Calenda non ti porta da nessuna parte». 

 

LE CASELLE

Intanto il critico si prepara all’uscita dal palazzo abbandonando intenzioni bellicose: «Non farò ricorso al Tar contro la delibera dell’Antitrust». Lascia un posto vacante al ministero della Cultura che tale resterà, per il momento. Sono infatti altre due le caselle che Meloni sarebbe pronta a riempire, probabilmente dopo il voto Ue: la fedelissima di FdI Ylenja Lucaselli al Mef e la deputata di Noi Moderati Ilaria Cavo ai Rapporti con il Parlamento, entrambe con il ruolo di sottosegretario. Si vedrà. 

Meloni da parte sua prende tempo, anche se nel cerchio della premier la candidatura in Ue è ormai considerata una formalità. Tentenna anche Antonio Tajani. Il leader azzurro preferirebbe evitare la discesa in campo. Ma senza il suo nome sulle urne serviranno candidati forti e con i voti in tasca. L’idea Letizia Moratti sembra ormai sfumata. L’idea Polverini invece prende corpo: «Sono pronta a dare una mano». 

Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio, 09:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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