Mes, lo stop dell'Aula. Politica divisa: no di FdI e Lega, Forza Italia si astiene. Si spacca l'opposizione

Nessuna modifica al Trattato. L’amarezza dell’Ue: «Rammarico». M5S contrario, sì di Pd e centristi

Venerdì 22 Dicembre 2023 di Francesco Malfetano
Bocciato il Mes, politica divisa: no di FdI e Lega Forza Italia si astiene. Si spacca l'opposizione

L’ora del Mes, a Montecitorio, scocca poco prima delle 13 quando il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli dichiara chiusa la votazione e l’Aula respinge «nel suo complesso» la ratifica. È l’atto finale - più o meno - di uno psicodramma che da anni avviluppa maggioranze e governi, lasciando ancora l’Italia sola tra i Paesi dell’Eurozona che non l’hanno approvato. Forte di 184 voti contrari, 72 favorevoli e 44 astenuti, l’espressione del Parlamento rimanda infatti di almeno sei mesi ogni possibile nuovo tentativo di ratifica. In tempo per andare oltre il voto per le Europee di giugno prossimo. Eppure la decisione parlamentare anche ieri è maturata in via tutt’altro che semplice portando - in virtù di coerenze più o meno lineari nei partiti - ad una spaccatura non solo nella maggioranza, ma anche nell’opposizione. Se Fratelli d’Italia e Lega sono andati compatti sul “no” alla ratifica della versione modificata del Trattato insieme al Movimento 5 stelle, Forza Italia (al pari di Noi moderati e Alleanza Verdi e Sinistra) è rimasta sulla sua posizione storica, preferendo astenersi.

Il Pd invece ha guidato la pattuglia dei favorevoli assieme ad Azione, Italia Viva, Più Europa e parte del Misto. Con M5S e Avs che quindi, numeri alla mano, sono risultati decisivi per affossare il Mes.

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LA CONFERENZA

Pallottoliere a parte, all’indomani della firma di Giancarlo Giorgetti sul Patto di Stabilità, è soprattutto il Carroccio a imporsi come mattatore. E lo si capisce sin dall’inizio della giornata quando alla conferenza dei capigruppo della commissione Bilancio di Montecitorio convocata per ratificare il parere contrario e mandare il testo in Aula assieme alla titolare Silvana Comaroli si presenta Alberto Bagnai, deputato leghista considerato pasdaran della resistenza anti-Mes. Bagnai, salviniano doc, dice chiaro e tondo come «il “no” dei deputati è l’unica opzione» per i leghisti, palesando una linea già indicata in una riunione ristretta il giorno prima a palazzo Chigi. FdI si accoda subito. FI invece è meno convinta. Gli azzurri avrebbero preferito non portare il trattato in Aula e speravano ancora di preservare quella logica del “pacchetto” che secondo Antonio Tajani dovrebbe bilanciare l’approvazione del fondo Salva banche all’abbassamento dei tassi di interesse da parte della Bce e all’unione interbancaria. A quel punto però il dado è già tratto. Dopo qualche strepito si chiarisce, anche a livello parlamentare, come sia necessario «trovare un punto di caduta»: l’astensione. Il forzista Roberto Pella riceve l’ok del vicepremier sul punto. L’umore non è dei migliori, ma non si può fare altrimenti. Astensione azzurra sarà sia in Commissione che in Aula. «Scegliamo di non partecipare alla corsa a destra» sentenzierà dopo il voto il capogruppo azzurro Paolo Barelli senza nascondere un po’ di amarezza in Transatlantico. Forse anche per il clima di sospetto che si è creato. Il senatore leghista Claudio Borghi - altro componente della falange anti-Mes - diserta il Copasir per appostarsi nelle tribune di Montecitorio e tenere sotto controllo presenze e votanti. 

LE REAZIONI

Per il resto il tabellone è già storia. Così come lo è la voce esultante di Salvini che parla di «una vittoria per gli italiani» che avrebbero «dovuto mettere dei soldi per salvare una banca tedesca» e rilancia: «Siccome l’Italia ha messo dei soldi in questo istituto, visto che non ci serve possiamo anche chiederli indietro». Dal canto suo FdI punta sulla «coesione» mostrata dalla maggioranza e dopo le polemiche sul fax di Di Maio torna a mettere nel mirino Giuseppe Conte che, durante il suo secondo mandato a Palazzo Chigi, quel trattato lo aveva avallato pur non condividendolo. Il leader del M5S del resto si infervora dai banchi dell’opposizione e attacca Meloni: «Ha detto che avevamo fatto passare il Mes col favore delle tenebre - chiosa -. Ha mentito al Parlamento. Solo oggi decidete sul Mes e ve ne assumete le responsabilità».

È l’apoteosi di uno scontro che prosegue da anni, e che costringe anche i commessi a intervenire quando i 5S interrompono le dichiarazioni di voto. A puntare il dito verso la premier c’è però anche Elly Schlein che rimarca come la mancata ratifica crei un «danno di credibilità» per l’Italia e arriva a chiedere le dimissioni per Giorgetti. Sprezzante Matteo Renzi di Italia Viva che vede un legame strettissimo tra il voto di ieri e il Patto di Stabilità: «Quando si sono accorti di cosa stava dentro il Patto e che non potevano essere gli unici a stare contro, è possibile che ci sia stato un fallo di reazione». Giorgetti non commenta anche se lo raccontano a metà tra il sollevato per la chiusura di un cerchio e il preoccupato per eventuali reazioni problematiche dall’Europa. Reazioni che infatti arrivano: «Pur nel pieno rispetto delle deliberazioni parlamentari, mi rammarico per l’esito» dice il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe. La premier, ancora malata, non commenta ufficialmente. Chigi però prova a ribaltare la narrazione e lascia filtrare come il “no” sia in realtà un’opportunità: «Può essere l’occasione per avviare una riflessione in sede europea su nuove ed eventuali modifiche al trattato, più utili all’intera Eurozona». Ma questa è già un’altra partita. 

Ultimo aggiornamento: 23 Dicembre, 08:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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