Acqua, tecnologia ed energia. Si è retto su questi tre assi l'incontro tenuto ieri a Palazzo Chigi tra la premier Giorgia Meloni e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
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IL GASDOTTO
L'idea è che l'Italia inizi ad attingere ai grandi giacimenti offshore del piccolo Stato ebraico: il Karish, il Tamar, il Leviathan, che insieme hanno una riserva di gas stimata in 900 miliardi di metri cubi. In attesa del discusso gasdotto EastMed, per esportarlo in Europa senza passare da altri Paesi, Netanyahu annuncia un condensatore, che permetta di trasformarlo in gas liquido e in modo da poter usare le navi. Il progetto del gasdotto però è il vero obiettivo (innominato durante le dichiarazioni, con buona probabilità perché molto contestato dagli ambientalisti nonostante si punti ad una sua successiva riconversione per l'idrogeno verde). I circa 1.900 chilometri di tubi sottomarini connetterebbero infatti Israele alla Grecia, per collegarsi poi al tratto offshore del gasdotto Poseidon dalla Grecia a Otranto.
Sul tavolo di ieri però è finita anche un'altra questione, per la quale Israele può essere estremamente utile a tutta l'Europa grazie alle sue competenze sulla desalinizzazione dell'acqua che, dopo avergli consentito di superare l'enorme crisi idrica del 2009, ha trasformato il Paese in un polo all'avanguardia. «Può servire in questo periodo di grandi cambiamenti climatici», scandisce non a caso il ministro del Made in Italy Adolfo Urso che ha fatto gli onori di casa al Forum per le imprese a cui in mattinata hanno preso parte "Bibi" e oltre 50 aziende italiane. «Saremmo felicissimi di condividere con voi questa esperienza», e l'offerta del premier israeliano. I possibili fronti di collaborazione però sono tanti, «specie sul piano della tecnologia» ha spiegato Meloni, aggiungendo «Vogliamo accrescere il livello della nostra cooperazione nei settori più innovativi» come «l'intelligenza artificiale, la cibernetica, la cybersicurezza e la tecnologia applicata all'agricoltura».
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LA DIPLOMAZIA
Al netto della vicinanza economica tra i due Paesi, l'Italia sembra essere decisa a non spingersi oltre sul fronte diplomatico. Se sono arrivati la «condanna per gli attacchi terroristici» e «il sostegno ad ogni iniziativa per ripresa processo politico con Palestina», non è arrivata alcuna apertura sullo spostamento dell'ambasciata italiana da Tel Aviv a Gerusalemme. La richiesta avanzata da Netanyahu in un'intervista (e subito sostenuta dal vicepremier Matteo Salvini) sarebbe stata infatti commentata con freddezza da palazzo Chigi e con un niet dalla Farnesina.
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