Dal Jobs act alla riforma del Senato, il lungo braccio di ferro interno al Pd

Lunedì 21 Settembre 2015 di Marco Conti
Dal Jobs act alla riforma del Senato, il lungo braccio di ferro interno al Pd
ROMA - La discussione sulla riforma costituzionale e sul Senato delle autonomie interessa una ristretta fascia di addetti ai lavori, giornalisti inclusi. Ancor più incomprensibile, per cittadini ed

elettori, il braccio di ferro interno al Pd dove la sinistra ha avviato da tempo una dura battaglia con il segretario del partito, nonché presidente del Consiglio, che ha riguardato tutte le riforme e le iniziative del governo. Se si esclude la questione dei migranti. Dal jobs act, alla legge elettorale sino all'eventuale, e non ancora attuato, taglio delle tasse sulla casa e al decreto sul Colosseo. Un braccio di ferro costante che ha prodotto anche la fuoriuscita di un paio di esponenti del Pd, Fassina e Civati, oggi coerentemente impegnati a raccogliere firme per referendum che abrogherebbero buona parte dell'operato del governo.



La madre di tutte le battaglie è però quella che si sta consumando sulla riforma del Senato perché, se attuata, taglia poltrone, riduce stipendi e rende Palazzo Madama un gradino, se non due, sotto Palazzo Montecitorio. Ed è qui che la battaglia di alcuni senatori della sinistra dem "nominati" come tutti con il Porcellum, diventa di vita o di morte e si salda a quella della burocrazia senatoriale al cui vertice ha un segretario generale che vanta uno stipendio da amministratore delegato di multinazionale svizzero-americana. Il fronte dei nemici della riforma Boschi è corposo ma sinora gli argomenti per difendere lo status quo non sono andati oltre il classico "ci vorrebbe ben altro".



Ecco che però da qualche giorno, e lo si vedrà ancora meglio oggi nella direzione del Pd e nelle prossime settimane, che la sinistra Pd sembra aver trovato l'argomento che potrebbe far breccia nell'elettorato.
Un opinione pubblica che si frega le mani quando scopre che i senatori scendono da 315 a100 e che verranno pagati dai consigli regionali, ma che si irrigidisce quando gli viene chiesto se i senatori devono essere "indicati" dai consigli regionali o eletti direttamente. Battersi per l' elezione diretta, e non per mantenere più poltrone, diventa di colpo per la sinistra dem un motivo nobile per il quale vale la pena spendersi. Anche a costo di una rottura e di una scissione. Anche a costo di farla fare a coloro che a palazzo Madama, così come a Montecitorio, sono arrivati quasi tutti per nomina correntizia e di partito.
Ultimo aggiornamento: 13:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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