Di Pietro: Berlusconi stupra democrazia
Bagarre alla Camera, Pdl lascia l'Aula

Mercoledì 29 Settembre 2010
Antonio Di Pietro (foto Claudio Onorati - Ansa)
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ROMA (29 settembre) - incommentabile, l'avete sentito anche voi. Non so in che Italia viva. tranchant il commento del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, dopo il primo intervento in aula di Silvio Berlusconi. Nelle dichiarazioni di voto finali, bagarre in aula quando ha preso la parola Antonio Di Pietro, che tra l'altro ha definito Berlusconi «stupratore della democrazia». I deputati del Pdl hanno protestato vivacemente, abbandonando poi l'Aula, mentre lo stesso Berlusconi chiedeva a Fini di intervenire, unico scambio diretto fra i due.



Fini ha richiamato all'ordine due volte Di Pietro. «Lei - ha detto Di Pietro in dichiarazione di voto - non è un presidente del Consiglio, ma uno stupratore della democrazia». Una frase subito ripresa da Fini che ha chiesto di utilizzare «un linguaggio consono a quest'Aula». Il presidente della Camera ha precisato che non è in discussione la libertà di parola ma che «non sono accette ingiurie».



All'attacco di Di Pietro Berlusconi è rimasto dapprima imperturbabile, continuando a scribacchiare sul foglio di carta che ha sul banco. Ma quando il leader dell'Idv lo equipara «al suo predecessore Nerone», Berlusconi scoppia a ridere, poi si tocca tre volte la testa con il dito, come a indicare che Di Pietro è matto. Infine ha alza le braccia. Dai banchi del Pdl si inizia a rumoreggiare, e i deputati abbandonano l'aula. Di Pietro va avanti, in un crescendo rossiniano. Quando definisce Berlusconi «stupratore della democrazia» Fini, che aveva più volte scampanellato, interviene invitando Di Pietro a usare «un linguaggio consono a quest'aula». Parole al vento, con Di Pietro che incalza. Berlusconi si alza dal banco del governo, si gira verso Fini e gli chiede di intervenire: è l'unico momento in cui gli sguardi dei due si sfiorano dall'inizio della seduta. Fini ricorda «che siamo in collegamento televisivo diretto», ed invita tutti «a cominciare dall'onorevole Di Pietro, a tenere un atteggiamento consono, a mantenere la calma». Nel frattempo nei banchi dell'opposizione i deputati restano fermi e zitti e godono della scena. Fini torna ad intervenire. «Non è uno spettacolo che il Parlamento può offrire al Paese. L'onorevole Di Pietro si assume la responsabilità di quello che dice davanti all'Aula e davanti al Paese». E lo richiama all'ordine per la seconda volta.



«Non ho detto una parola che non sia vera», ha poi detto Di Pietro, uscito dall'aula visibilmente soddisfatto, ai cronisti. «Stupratore», hanno chiesto i giornalisti, non è una parola a rischio-querela? «Forse è una parola forte - ha replicato - ma è inattaccabile. Io ho detto “stupratore della democrazia”. Berlusconi ha posto la fiducia su di sè, quindi è di lui che si parla. Io ho fatto solo la fotografia della sua situazione».



Bocchino: sì a fiducia e asse con Mpa. Italo Bocchino, capogruppo Fli alla Camera, annuncia il sì del gruppo finiano sulla fiducia al governo e sottolinea l'asse con i «colleghi dell'Mpa, che - dice - come noi si sentono vincolati al mandato degli elettori e alla realizzazione del programma di governo. C'è il nostro apprezzamento per il passaggio parlamentare che fa chiarezza rispetto al problema che esiste tra governo e la sua maggioranza che oggi con la fiducia avrà il sostegno di tre gruppi e non più due, di quattro soggetti e non più di tre, quattro anime di una stessa maggioranza che lei ha gli strumenti di gestire in un'armonia assennata», rimarca Bocchino, sottolinenando che Fli ed Mpa si muovono di concerto. Un pacchetto di 40 voti che oggi va a sostenere il governo, domani servirà di volta in volta sui diversi capitoli che dovranno essere scritti sotto i titoli programmatici indicati oggi dal governo. «È stato un errore - dice ancora Bocchino - tentare la strada dell'autosufficienza, che rischiava di dare vita ad una maggioranza più ristretta e nuova, non coincidente con la volontà popolare che deve essere la nostra stella polare. Perchè non è corretto fare entrare in maggiorana parlamentari eletti con le opposizioni. Noi ribadiamo ancora il nostro ancoraggio al centrodestra, vogliamo portare avanti la legislatura fino all'ultimo giorno. c'è il nostro sì al programma e la disponibilità a discutere senza diktat e senza prendere o lasciare, senza preclusioni preconcette». Bocchino è polemico quando dice: «Dubito che i cittadini del Sud, da qui alla fine della legislatura trarranno vantaggio dai tre annunci manifesto su banca del sud, ponte sullo stretto, Salerno-Reggio Calabria». Infine la giustizia. «Tema delicato - dice Bocchino - che per noi fa coppia con legalità. Sulla riforma lei ha elencato titoli condivisibili: decliniamoli ora in provvedimenti. Se saremo chiamati a contribuire, lavoriamo per non fare danni a cittadini, siamo favorevoli allo scudo per le alte cariche e allo smaltimento delle cause civili pendenti, ma non saremo mai d'accordo nel togliere la possibilità a un solo cittadino o azienda di non vedere riconosciuta la giustizia che attendono. E non saremo mai favorevoli ad una riforma punitiva della magistratura, per noi baluardo per garantire la giustizia».



Casini: il premier come Alice, tirerà a campare. Silvio Berlusconi come «Alice nel Paese delle meraviglie, ha seguito la scorciatoia del pallottoliere ed ha fatto un discorso di buone intenzioni. Ma sa già di non poterle realizzare con questa maggioranza. Si prepara a tirare a campare nel teatrino della politica come tutti gli altri prima». Casini ha preannunciato con chiarezza il no dell'Udc alla fiducia al governo. «I 316 voti non ci saranno, siete distanti. Noi prendiamo atto di questa realtà, siamo soddisfatti? No. Siamo tristi. Se il Paese non cambia strada andremo nel baratro. Cambiamo strada, facciamolo assieme e subito». Casini ha premesso: «Questa giornata è l'epilogo di una stagione caratterizzata da odio, ricatti, dossier, troppi rancori verso le istituzioni e verso uomini colpiti anche nei loro affetti più intimi. Una stagione triste, che speriamo si chiuda oggi perchè ha disgustato gli italiani, alle prese con problemi più seri». Casini ha proseguito: «Noi continuiamo per la nostra strada, l'opposizione repubblicana, che coincide con la responsabilità e nulla ha a che fare con il trasformismo, cancro della vita democratica. Noi rispettiamo lei, speriamo lei rispetti noi». Casini ha accusato Berlusconi di aver «presentato un elenco di buone intenzioni: realizzi questi punti, noi li voteremo questi provvedimenti». Ma «questo non è il primo giorno di scuola, sono gli stessi buoni propositi dal '94, se non li ha realzizati la colpa non può essere sempre e solo degli altri. È lei che ne deve rispondere».



Ha fatto ricorso anche all'ironia, Casini, nella sua dichiarazione di voto: «Io le voglio bene, presidente. È il mio punto debole, sono buono come lei - ha detto il leader Udc - Ci ha spiegato che c'è stata una scissione nell'Udc. Io pensavo fossimo qui perchè c'era stata la scissione nel Pdl di 35 deputati e 10 senatori. Allora non non avevo capito, sono uno sprovveduto».



«Con la lealtà sempre certa al voto popolare, la Lega Nord voterà la fiducia la nostro governo -. dice Marco Reguzzoni, presidente dei deputati della Lega Nord - Abbiamo giudicato bene discorso del presidente del Consiglio, ha delineato le linee per il futuro ponendo le basi per le riforme che il Paese ci chiede e partendo da quella del federalismo fiscale». Il capogruppo leghista ha rimarcato l'attenzione del Carroccio «alle cose concrete e non alle chiacchiere della politica». Per questo Reguzzoni a nome del gruppo ha ringraziato Umberto Bossi , sottolineando che «dai banchi della Lega non è mai mancato il supporto al governo, quando doveva essere verde era verde e quando doveva essere rosso era rosso (riferimento al colore dello schermo che registra i voti dei parlamentari alla Camera, ndr) sempre compatti e precisi». Riferendosi ai finiani Reguzzoni ha detto che «certo fa notizia un parlamentare della maggioranza che parla contro il governo e non il contrario o un parlamentare che lavora nelle commissioni» ma ha sottolineato anche la convergenza su temi concreti come «la legge sulla etichettatura dei prodotti tessile» citando non a caso la collaborazione del deputato di Fli Enzo Raisi. Reguzzoni ha citati i «successi del governo»: il federalismo fiscale, il federalismo demaniale, il progetto di legge sulla incandidabilità per corruzione. Un capitolo a parte è stato poi dedicato al «problema dei problemi: il mancato sviluppo del Sud» in quanto «cento anni di politiche sbagliate gravano su noi, sulle nostre famiglie e aziende. La prima condizione per lo sviluppo del Sud è la lotta alla mafia e alla criminalità organizzata e bene ha fatto questo governo».



Bersani: è la fiducia del cerino, andatevene. «Un discorso molto debole, pieno di promesse risapute, promesse che non arrivano mai. In questi due anni abbiamo vissuto l'epoca gloriosa del 'ghe pensi mi' con risultati che sono sotto gli occhi di tutti - attacca il segretario del Pd - È la seconda volta che la vediamo qui, la prima fu per l'insediamento del governo, poi più niente, 26 voti di fiducia e 54 decreti. Quella volta disse per venti volte la parola crescita ed invece abbiamo avuto il calo più grande della storia del dopoguerra. Ci stiamo staccando dal gruppo di testa dei paesi europei. Il punto di fondo è che non c'è comprensione del Paese, dell'Italia vera; gli italiani sono arrabbiati, c'è sbandamento, incertezza. Le tensioni sociali si acuiscono e abbiamo governo che spesso accende i fuochi. Il punto è che non c'e abbastanza lavorol'economia è troppo bassa. E non terrete a posto i conti con l'economia così bassa. Come dobbiamo dirvelo?. Ascoltate le piccole imprese. Vi diranno che ci sono più chiacchiere e più burocrazia. Avete nozione di cosa succede a scuola e nelle università? Lo sapete che i costi mense sono già raddoppiati?. Non raccontiamoci più queste cose. E non veniteci a dire 'i soldi non ci sono'. I conti voi li avete solo fatti ballare». «Questa è una fiducia messa per debolezza, nessuno vuole il cerino in mano, è la fiducia del cerino. Ma ci vuole un passaggio elettorale, con più civili regole elettorali, perchè il paese non può più aspettare. Le elezioni ve le siete rimesse in tasca voi oggi non si apre una pagina nuova, si chiude una pagina vecchia».



«Chieda il Nobel per la pace, siamo a un passo da questa richiesta... - ha proseguito Bersani - Come si fa a prendere sul serio quanto ha detto? Oggi ha fatto un discorso debole, un discorso pieno di promese risapute. Non c'è un fatto nuovo, ma solo promesse che non si realizzano mai: sulla Salerno-Reggio Calabria, sull'abbassiamo le tasse, sul federalismo che risolverà tutto, sul piano per il Sud con tanto di banca e poi qualche minaccia alla magistratura... ma chieda il Nobel per la pace! Ormai siamo un passo da questa richiesta».



I deputati democratici, alla fine dell'intervento di Bersani, si sono alzati tutti in piedi per battere le mani. Particolarmente graditi i passaggi del discorso nel quale ha definito l'attuale fiducia «la fiducia del cerino». Bersani è stato applaudito anche quando ha invitato Berlusconi ad andare a Napoli con lui per vedere quale era ormai la situazione dei rifiuti nella città. Anche i finiani, in primis il capogruppo Italo Bocchino, hanno acclamato il segretario del Pd quando ha preso le difese del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Dalla maggioranza è arrivata qualche protesta soprattutto quando ha definito Berlusconi «l'impresario di questo teatrino» della politica. Ma sono stati i leghisti i più accaniti: hanno gridato più volte all'indirizzo di Bersani sostenendo che stava dicendo solo bugie. Immediata la replica del segretario: «Quando avrete finito di osannare i vostri ministri sarebbe bello sapere come mai avete votato tutte le leggi della cricca...».



Cicchitto: «Mi auguro che il senso politico delle dichiarazioni dei finiani Silvano Moffa e Italo Bocchino sia il seguente: la fine di ogni guerriglia
politica, di ogni tentativo di logoramento - ha detto il capogruppo del Pdl - Su questo terreno si misura l'intelligenza e la maturiità politica del centrodestra». A proposito dell'intervento del premier, Cicchitto ha detto che il «senso» delle sue parole è di «reagire a ogni deriva distruttiva». E a Bersani Cicchitto dice: «Le elezioni dopo quelle del 2006 sono state rifatte nel 2008 perchè voi del centrosinistra sieti implosi ed esplosi e ci avete lasciato in eredità l'emergenza rifiuti a Napoli. Non potete farci nessuna lezione. Il centrosinistra non è un'alternativa, ma spera solo di approfittare delle divisioni interne a noi. Bersani è come lo smemorato di Collegno», aggiunge Cicchitto spiegando che il segretario del Pd si è dimenticato che quando cadde Prodi nel '96 il governo D'Alema fu reso possibile grazie al «passaggio di 30 deputati e senatori dal centrodestra al centrosinistra». Quei parlamentari, sottolinea Cicchitto, «furono ricompensati con ministeri e sottosegretariati e a suo tempo fu una manovra esaltata come una grande operazione politica. È la solita storia dei due pesi e due misure, che è anche uno degli ostacoli al dialogo».



Dopo le dichiarazioni di voto dei gruppi, sono iniziate quelle individuali. Bruno Cesario, che ieri ha lasciato l'Api per il gruppo misto, ha annunciato il suo sì nell'interesse del paese: «Voto la fiducia - ha spiegato - per dare all'Italia e soprattutto al Mezzogiorno, su cui il presidente del Consiglio in quest'Aula ha assunto impegni importanti e specifici, una necessaria opportunità di crescita e di sviluppo. È una scelta difficile e sofferta fatta in libertà e senza condizionamenti, nell'esclusivo interesse del Paese». Paolo Guzzanti annuncia di non voterà la fiducia al governo Berlusconi. Accusa il presidente del Consiglio di ritenere come «liberale da mettere in cattedra il satrapo Putin». Poi definisce quella del governo «una politica illiberale». «Voterò no alla fiducia, voterò no a un sogno che è svanito». Così Giorgio La Malfa, deputato del Pri, si rivolge al premier Silvio Berlusconi, annunciando il suo voto contrario. «Io voto la fiducia al governo, e non lo faccio a titolo personale ma in rappresentanza del Partito repubblicano italiano, la cui direzione nazionale ha deciso in questo senso con 17 voti a favore e tre contrari», ha replicato Francesco Nucara, in polemica con La Malfa. «Non è utile andare ore alle elezioni. Noi abbiamo fatto una scelta, non abbiamo fatto calcoli. Non saremo nè sostitutivi, nè aggiuntivi, saremo liberi da giochi di palazzo», ha detto Saverio Romano, leader dei parlamentari siciliani centristi, entrando in polemica diretta con Casini: «Chi ci accusa di trasformismo lo fa con la bocca, mentre con le mani in Sicilia fa il più grande ribaltone di sempre». Dalla maggioranza arrivano applausi, ma Casini salta su e rivolgendosi al ministro della Giustizia Alfano gli grida: «Bene, questa è l'operazione che hai fatto tu! Sarebbe meglio che tornassi ad occuparti di giustizia». Il Guardasigilli, infatti, è considerato dai centristi «il vero regista dell'operazione che ha portato i quattro deputati siciliani: Calogero Mannino, Saverio Romano, Giuseppe Gravo, Giuseppe Ruvolo a lasciare il partito per costituire la nuova componente Popolari per l'Italia di domani. «Queste cose - ha aggiunto Casini agitando il dito verso Alfano - vanno dette!». Il ministro non ha risposto ed è rimasto serio e un po' turbato ai banchi del governo.
Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 01:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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