Medici, corsa alla pensione: il governo valuta modifiche

In 6mila sono pronti al ritiro nel 2023 per evitare la riduzione dell’assegno

Venerdì 3 Novembre 2023 di Mauro Evangelisti
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Fuga dalle corsie ospedaliere per andare in pensione il prima possibile. In Italia rischiamo di perdere 6mila medici in più del previsto. E questo avviene in un sistema sanitario già in affanno: ogni anno vanno in pensione mediamente 4-5.000 camici bianchi.

E secondo un dato rilanciato, qualche mese fa, dal “Forum delle Società Scientifiche dei clinici ospedalieri ed universitari” c’è una carenza di circa 30mila medici negli ospedali. Alcune Regioni stanno addirittura prendendoli dall’estero, come la Calabria che ne ha fatti arrivare oltre un centinaio da Cuba.

Ma cosa sta causando questa nuova corsa alla pensione? Il nodo è rappresentato da una norma inserita in finanziaria che modifica il rendimento della quota retributiva (dunque precedente al 1996) delle pensioni liquidate dal 2024 e che, nella pratica, rappresenterà un taglio sostanzioso dei futuri assegni. Riguarda varie tipologie di dipendenti pubblici, ma è sui medici ospedalieri che sta avendo un “effetto fuga” dirompente. Il Governo sta correndo ai ripari e si sta ipotizzando un maxiemendamento per rivedere la norma, ha spiegato il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon. Da FdI confermano: si sta cercando di modificare la norma sui medici, spalmandola su più anni, spostandola in avanti o facendo un provvedimento ad hoc sulla sanità che arriverà più avanti. Ragioneria e Mef sono rigidi: va fatta a saldi invariati.


SCENARIO
Mancano i medici, soprattutto in alcune specializzazioni, perché i nuovi che escono dall’Università non sono sufficienti a garantire il ricambio. Il funzionamento degli ospedali dipende anche dalla scelta di restare in servizio dei camici bianchi che hanno maturato i requisiti per la pensione. Di fronte allo spettro di ritrovarsi con un assegno più basso, alla luce della norme inserita in finanziaria, molti stanno cambiando i piani. Pierino di Silverio, segretario generale di Anaao Assomed, il sindacato più rappresentativo dei medici del servizio sanitario: «Oltre ai 4mila che sarebbero comunque andati in pensione, ora ci troviamo con almeno 2.300 che in questi ultimi due mesi del 2023 stanno pensando di presentare domanda di pensionamento. A questi se ne aggiungeranno almeno 4.500 che faranno la stessa valutazione nel 2024. Magari non tutti poi opteranno per la pensione, ma una stima attendibile e prudente ipotizza una quota aggiuntiva di 6mila che lasceranno il sistema sanitario nazionale. Davvero gli ospedali italiani se lo possono permettere?».

Al Ministero della Salute - da cui non dipende questo provvedimento con Orazio Schillaci che al contrario aveva tentato di mettere in campo alcuni provvedimenti, anche collegati ad incentivi economici, per fermare la fuga - serpeggia un certo nervosismo. Ci sono trattative in corso, anche perché per la fine del mese i medici stanno organizzando una giornata di sciopero. «La norma inserita spinge i medici a andare in pensione subito», conferma Durigon. «C’è la possibilità di correggerla, non ci saranno emendamenti, ma come governo possiamo, in qualche modo ed a saldi invariati, cercare di gestire questa situazione. Per correggere alcune cose faremo un maxi emendamento».

La norma, sia pure in modo meno dirompente, potrebbe avere anche ripercussioni sul personale infermieristico dove i buchi di organico sono altrettanto gravi e dove la fuga è iniziata da anni verso il settore privato o addirittura verso l’estero. Un dato su tutti: negli ospedali italiani l’età media del personale è di 50 anni ed entro la fine del decennio andrà in pensione un terzo degli attuali dipendenti, vale a dire 240mila. L’effetto accelerazione di questa norma inserita in finanziaria rischia di svuotare gli ospedali troppo rapidamente. Cosa comporta nella pratica? Si parla di una riduzione delle aliquote di rendimento dei contributi versati prima del 1996 e riguarda la metà del personale in servizio (non solo nella sanità). Di fatto, spiegano i sindacati, ci sarà una perdita che oscilla tra il 5 e il 25 per cento per l’assegno pensionistico annuale.


Secondo Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil, «è necessaria una retromarcia totale». Di Silverio osserva che ormai il danno è irreparabile: «Anche se ci sarà il correttivo, i medici che devono andare in pensione hanno perso fiducia. Ragionano: “optiamo subito per il pensionamento, se questo è lo scenario”». La fuga dagli ospedali metterà a rischio soprattutto i pronto soccorso, la vera prima linea della sanità, dove già oggi mancano 5.000 dottori.

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