Gli indagati per lo stupro di Catania sono sette, ma del branco avrebbero fatto parte altri giovani egiziani ancora da identificare.
L’orrore
«Dai, dammi un bacio, non avere paura», sono state le prime parole pronunciate da uno degli indagati che ha spinto la tredicenne in bagno e «ha chiuso la porta con il gancio». A violentarla sarebbero stati un minorenne e un indagato che ha da poco compito 18 anni. Per loro e per un altro minorenne, che teneva la ragazzina ferma durante lo stupro, il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta della procuratrice Carla Santocono. I tre indagati hanno respinto le accuse nel corso dell’interrogatorio di garanzia. La posizione del neo diciottenne sarà trasmessa alla Procura distrettuale che indaga su altri quattro maggiorenni (il fascicolo è coordinato dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Anna Trinchillo). Tra questi c’è l’egiziano che ha collaborato con i carabinieri per identificare i componenti del branco. «Il mio assistito ha confermato quanto aveva detto prima, quindi è stato un interrogatorio lampo, ha spiegato che la sua presenza sul posto è stata del tutto casuale, era lì perché aveva sentito gridare», ha detto l’avvocato Salvatore Ganci: «Il ragazzo si è reso conto della gravità dei fatti da subito e ha parlato con gli operatori della comunità e con i carabinieri».
Gli interrogatori
Un altro maggiorenne, ha spiegato l’avvocato Alessandro Fidone, «si è detto estraneo ai fatti», aggiungendo che «era sì sul posto ma non ha partecipato, all’aggressione e ha capito la gravita dei fatti». Gli ultimi due indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. La decisione del giudice è attesa nelle prossime ore. La Procura ha chiesto il carcere per tutti e i domiciliari per l’egiziano che ha collaborato.
La ricostruzione
Il racconto della tredicenne è un pugno nello stomaco: «Non riuscivo a urlare, balbettando gli chiedevo di smetterla, faceva male». Tutto inutile, gli abusi sono proseguiti. Quando il primo violentatore si è allontanato soddisfatto la ragazzina ha sperato che fosse finita. Si era illusa. Un altro si è fatto avanti, l’ha spinta di nuovo nel bagno urlando: «Lo voglio anche io». Nel frattempo, gli altri tenevano fermo il fidanzato («ti spacchiamo il c…») che per provare a fare desistere il branco ha iniziato a picchiare con la testa contro la porta del bagno. Un tentativo tanto disperato quanto inutile, mentre «ridevano, mi prendevano in giro e sentivo la mia ragazza dire “basta, basta”». La tredicenne è riuscita a liberarsi dalla morsa del secondo violentatore: «L’ho spinto, ho aperto la porta, ho preso il mio ragazzo e siamo scappati verso l’uscita principale». Qui sono stati soccorsi dai passanti che hanno allertato i carabinieri. I militari hanno identificato subito alcuni ragazzi del gruppo. C’è voluto più tempo per i due violentatori. Decisivo sono stati il racconto delle vittime e di uno degli egiziani, e l’analisi dei profili social (Instagram e TikTok).
La testimonianza del fidanzato
La testimonianza del fidanzato ha aggiunto un dettaglio su cui si continua a indagare. Uno dei due violentatori, subito dopo che erano stati accerchiati, ha mostrato un video ai fidanzati. Li aveva filmati pochi istanti prima, in un momento di intimità: «Lei ha detto che il video se lo potevano tenere, ma dovevano lasciarci andare, io invece gli ho chiesto di cancellarlo, mi ha risposto che ero pazzo e poteva ammazzarmi». Lo smartphone è stato sequestrato dai carabinieri che lo stanno analizzando per capire se il video sia ancora presente nella memoria o sia stato cancellato.