Posta i messaggi del suo stalker su Facebook e finisce a processo. Laura Razzano, 58 anni, ha dovuto difendersi dalle accuse di diffamazione e minacce dopo una querela di Andrea Testa, l’uomo condannato nel 2015 per atti persecutori nei suoi confronti.
LA VICENDA
Tutto comincia nel 2008: l’imputata si separa e va a vivere con madre. Conosce l’uomo per strada, entrambi portano i cani a passeggio, ma lei – come ha tenuto a specificare – mette subito in chiaro le sue intenzioni: non vuole una relazione ma solo amicizia. Testa, invece, inizia a perseguitarla e la donna presenta una denuncia per stalking. Il processo si conclude nel 2015 con la condanna a tre mesi con pena sospesa, perché l’imputato è incensurato. Dopo un breve periodo, durante il quale sembra che Testa si sia rassegnato, la persecuzione ricomincia. «Me lo ritrovavo ovunque, sotto casa, alla fermata dell’autobus. Prendeva di mira anche mia madre», ha affermato Razzano. «Più volte ho chiamato il 113, una volta mi hanno detto che non avevano benzina, poi che non avevano pattuglie disponibili. Non intervenivano mai», ha proseguito la donna. «Io ero impotente, esasperata. L’ho fotografato e ho pubblico su Facebook una sua foto raccontando tutto. L’ho fatto per paura e per cercare di difendermi». E così, nel 2016, ha pubblicato i due post sul social e inviato un messaggio a Testa. Un gesto che le è costato la denuncia e il processo.
I POST
«Questo individuo è uno stalker, mi perseguita dal 2008, è stato condannato...Ma non ha ancora smesso di seguirmi ovunque. Ora sono di nuovo al commissariato per denunciarlo. Donne denunciate questi vigliacchi», si leggeva nel primo post. Poi scriveva: «Andrea Testa pezzo di m... ti ho bloccato. Sappi che ti ho denunciato di nuovo». L’uomo avrebbe continuato a chiamarla fino al 2018, costringendola ad andare a vivere in un’altra regione. «Girava con un coltello, avevo paura». In sede di discussione in aula, l’avvocato Troiano ha sottolineato come la sua assistita abbia sì sbagliato ma «non per quello che le è stato contestato formalmente, ma quando ha dato fiducia a Testa e, in sede di udienza, nel processo che la vedeva come persona offesa, prima della richiesta della pena ha affermato come Testa avesse cessato di perseguitarla». La donna è stata assolta, ma ha dovuto difendersi e trasferirsi in un’altra regione: «Dicono di denunciare ma tu denunci e non ottieni nulla», ha detto Razzano lasciando l’aula.
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