Matteo Messina Denaro, nei diari segreti i messaggi per la figlia mai vista. E irrideva gli identikit: «Sembrava avessi 85 anni»

I diari, che il boss chiama libricini, sono il racconto della sua vita destinato alla figlia. «Le volevo raccontare la mia vita... lo desideravo, per dirle senza filtri quel che mi era successo. Deciderà lei se leggerlo o bruciarlo», appunta

Lunedì 15 Gennaio 2024
Matteo Messina Denaro, nei diari segreti i messaggi per la figlia mai vista. E irrideva gli identikit: «Sembrava avessi 85 anni»

«Queste foto sono state fatte nel 2006. Nello stesso preciso periodo hanno fatto un identikit su me dove sembrava avessi 85 anni e 5 mesi. In verità in quel periodo ero come in queste foto». Scrittura ordinata e minuta, tono sarcastico: era il 2014 e Matteo Messina Denaro, ricercato già dal '93, appuntava in un librino destinato alla figlia naturale Lorenza, riconosciuta solo poco prima di morire, il racconto della sua vita. E, facendosi beffa degli investigatori, commentava i ritratti fatti dalle forze dell'ordine che gli davano la caccia.

I diari ritrovati nel covo

In realtà l'ex primula rossa di Cosa nostra - emerge dalle indagini - avrebbe avuto come base Campobello di Mazara, il paese in cui è stato trovato l'ultimo suo covo, fin dal 1996, spostandosi da lì in mezza Italia. Negli scritti trovati al momento dell'arresto del capomafia, avvenuto un anno fa, frasi che denotano un atteggiamento di sfida e un ego ipertrofico si alternano a decine di pensieri sulla vita, citazioni di autori classici - da Lucrezio a Omero e Ovidio - e a racconti che avrebbero dovuto essere consegnati alla figlia Lorenza. «Nelle sue proprie mani quando le si riconoscerà una maturità intellettiva ed avulsa dal condizionamento di terze persone», scriveva. Il riferimento è alle «influenze» materne (la ragazza era figlia del capomafia e di Franca Alagna che negli appunti viene chiamata con disprezzo «quella») che, secondo il boss, avrebbero allontanato da sé la giovane. 

Il racconto per la figlia Lorenza

I diari, che il boss chiama libricini, sono il racconto della sua vita destinato alla figlia. «Le volevo raccontare la mia vita... lo desideravo, per dirle senza filtri quel che mi era successo. Deciderà lei se leggerlo o bruciarlo», appunta. Negli scritti, in cui annota anche frasi a lui inviate da altri come: «Non smettere mai e continua a osare, il tuo mondo appartiene agli eletti perché tu sei un eletto (me lo disse Malvina nel 2001)», viene fuori il difficile rapporto con Lorenza, fatto di rimorsi e rancori. «Vorrei che ti ricordassi di me.

Se tu ti ricordassi di me non importerebbe nulla neanche se tutti gli altri mi dimenticassero», annotava.

Autocelebrazione e riflessioni

E si susseguono frasi autocelebrative («perdonatemi se con nessuno di voi ho nulla in comune, ho sofferto ma vissuto con onore»), riflessioni amare, tributi a figure come quella del padre, il capomafia don Ciccio Messina Denaro («per sempre vivrai», scriveva) e pensieri d'amore per Blu, il nome in codice dato alla maestra Laura Bonafede, arrestata poi per associazione mafiosa. In alcune pagine il boss svela anche che si sarebbe trovato accanto alla figlia in più occasioni. «Lorenza oggi ti ho conosciuta alle ore 18.40 di venerdì 8 aprile 2016 - appuntava - Ti ho incontrata... non era mai accaduto che ti incontrassi così ho deciso di seguirti... Vedevo tutto ciò da posteggiato a 30 metri, sono sceso dall'auto per venirti a passare accanto, se allungavo il braccio ti toccavo. Tu non ti sei accorta di nulla il sangue non ti ha chiamata. Neanche "quella" mi ha riconosciuta, per quella intendo tua mamma. Io mi sono coperto il viso. Sai, non volevo morire senza averti conosciuta, ora posso morire serenamente, avendoti vista ho visto tutto»». 

Il controspionaggio

In un’altra pagina del diario Messina Denaro rivendica con orgoglio le tecniche di "controspionaggio" per controllare di non essere seguito: «È l’abilità spionistica di coloro che vivono vite parallele, nascoste. C’è voluto uno Stato per distruggermi, la gente comune, chiunque, non sarebbero mai riusciti... Un intero Stato c’è voluto per annientarmi, e nonostante tutto non ho avuto timore a sfidarlo». 

Le fughe in Europa

Nell’interrogatorio del 16 febbraio 2023 riportato dal Corriere, al gip Alfredo Montalto aveva detto di aver vissuto soprattutto all'estero dal 2005: «Ogni tanto tornavo, stavo una settimana, 15 giorni, un mese, contattavo la mia famiglia, sapevo dai loro discorsi come stava e me ne andavo di nuovo...». 

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