Messina Denaro, spunta una lettera dal carcere prima della morte: forse c'è il suo testamento

La missiva è stata intercettata dall'apparato di sicurezza che sorvegliava il boss

Domenica 17 Dicembre 2023
Messina Denaro, intercettata lettera dal carcere prima della morte: forse c'è il suo testamento

E' giallo all'Aquila per una lettera che Matteo Messina Denaro, capo di Cosa Nostra, ha cercato di spedire al carcere prima della morte per un cancro al colon.

La missiva è stata intercettata dall'apparato di sicurezza che sorvegliava il boss. Forse contiene il testamento del padrino, ma nessuno conferma il contenuto.

Messina Denaro era stato trasferito nel supercarcere dell'Aquila subito dopo l'arresto in Sicilia. La detenzione in Abruzzo si è svolta metà in prigione, metà all'ospedale nel tentativo di curare il tumore in avanzato stato di diffusione. Il 25 settembre scorso la morte dopo un intervento chirurgico. Sull'evento c'è un'indagine della Procura dell'Aquila.

Il patrimonio

Quantificare il tesoro del boss della mafia è difficile anche per gli investigatori. Ma una stima, per difetto, dei guadagni di una vita di traffici di droga, estorsioni, riciclaggio nei settori più disparati si può azzardare sulla base di quel che lo Stato, negli anni, è riuscito a sottrarre al padrino di Castelvetrano e ai suoi prestanome. Si parla di quasi 4 miliardi di euro. Una parte della fortuna è stata accumulata con investimenti nelle rinnovabili, i.n particolare l'eolico, settore «curato» per il boss dall'imprenditore trapanese Vito Nicastri, l'ex elettricista di Alcamo e pioniere del green in Sicilia, che per anni avrebbe tenuto le chiavi della cassaforte del capomafia. Poi c'è l'edilizia e la grande distribuzione, attraverso la '6 Gdò di Giuseppe Grigoli, il salumiere diventato in poco tempo il re dei Despar nell'isola al quale furono sequestrati beni - di proprietà del boss secondo i magistrati - per 700 milioni.

I villaggi Valtur 

E il turismo: ci sarebbero stati i soldi del capomafia, secondo i pm, nell'ex Valtur, un colosso del valore di miliardi di proprietà di Carmelo Patti, l'ex muratore di Castelvetrano divenuto capitano d'azienda che, come Al Capone, finì nei guai per un'accusa di evasione fiscale. Braccio destro di Patti, raccontano le inchieste, era il commercialista Michele Alagna, padre di una delle amanti di Messina Denaro, Francesca, che al boss ha dato una figlia mai riconosciuta. Nel 2018 il tribunale di Trapani gli sequestrò beni per 1,5 miliardi, un delle misure patrimoniali più ingenti mai eseguite, disse la Dia. I sigilli vennero messi a resort, beni della vecchia Valtur, una barca di 21 metri, un campo da golf, terreni, 232 proprietà immobiliari e 25 società.

Sempre per restare nel turismo l'ombra di Matteo, raccontano le inchieste, si allungherebbe anche dietro al patrimonio di Giovanni Savalle, per anni un signor nessuno con piccoli precedenti per reati fallimentari, ragioniere iscritto all'albo dei commercialisti divenuto proprietario del resort Kempisnky di Mazara del Vallo. La Finanza gli sequestrò 60 milioni. A parlare dei rapporti tra Savalle e il capomafia di Castelvetrano fu il medico affiliato alla 'ndrangheta Marcello Fondacaro, che ha raccontato di un progetto imprenditoriale del boss trapanese: un villaggio a Isola Capo Rizzuto che prevedeva la partecipazione al 33% di Cosa nostra e 'Ndrangheta.

Il tesoro nel Venezuela

I tentacoli di Messina Denaro sarebbero arrivati anche in Venezuela, regno dei clan Cuntrera e Caruana che da Siculiana, paese dell'agrigentino, colonizzarono Canada e Sudamerica diventando monopolisti del narcotraffico. Un pentito «minore», Franco Safina, raccontò che Messina Denaro aveva un tesoro in Venezuela creato investendo 5 milioni di dollari in un'azienda di pollame. Per gli inquirenti un evidente escamotage per riciclare i proventi del traffico di stupefacenti. E di Venezuela parlò anche il collaboratore di giustizia Salvatore Grigoli, il killer di don Pino Puglisi. Ferito in un attentato, si era nascosto ad Alcamo, nel trapanese. «Se vuoi, per un certo periodo te ne vai in Venezuela e stai tranquillo», gli avrebbe detto il padrino che, sospettano gli inquirenti, in Sudamerica come pure in Tunisia, sarebbe andato anche da latitante. Ma se, come sono certi i magistrati, solo una parte del tesoro del padrino è stata trovata e confiscata, a quanto ammonta il suo patrimonio? Le ricchezze illecite ancora da scoprire sarebbero enormi. A partire dai soldi che gli sarebbero stati affidati da Totò Riina. «Se recupero pure un terzo di quello che ho sono sempre ricco», diceva il capomafia corleonese, intercettato, parlando durante l'ora d'aria con un altro detenuto. «Una persona responsabile ce l'ho e sarebbe Messina Denaro. Però che cosa fa per ora questo Matteo Messina Denaro non lo so. Suo padre era uno con i coglioni» , spiegava all'amico mostrando una qualche diffidenza sulla capacità gestionale del boss trapanese. E rivelando che parte del suo patrimonio potrebbe essere stato affidato proprio agli alleati di Castelvetrano.

Ultimo aggiornamento: 08:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA