Papa Francesco: «I migranti non rimandateli indietro come un ping pong, finirebbero nei lager»

Sabato 23 Settembre 2023 di Franca Giansoldati
Papa Francesco: «I migranti non rimandateli indietro come un ping pong, finirebbero nei lager»

Papa Francesco sta tornando dal viaggio di Marsiglia.

Sul volo di rientro il tradizionale colloquio con i giornalisti è piuttosto breve, c’è solo tempo per qualche domanda, il tragitto non consente che poche domande. Il tema delle migrazioni resta al centro dei suoi pensieri. «Non devono essere come un ping pong, non rimandateli indietro finirebbero nei lager».

Santità, lei ha iniziato il pontificato a Lampedusa denunciando l’indifferenza. Dieci anni dopo chiede all’Europa di essere solidale. Da dieci anni rilancia lo stesso messaggio, vuol dire che ha fallito?

«Non direi, semmai c'è stata la crescita della consapevolezza tra i paesi. Oggi c’è coscienza del problema migratorio, diventato come una patata bollente che non si sa come prendere. Angela Merkel ha detto una volta che si potrebbe risolvere andando in Africa e migliorare il livello di vita dei popoli africani. Ci sono stati casi molto brutti: i migranti sono stati mandati indietro, come fossero una pallina da ping-pong, pur sapendo che tante volte finiscono nei lager, peggio di prima. Ho seguito la vita di un ragazzo che cercava di uscirne dal lager, ma alla fine si è impiccato, perché non sopportava quella tortura. Alla gente che è arriva fanno chiamare la famiglia per chiedere più soldi. Ho sentito uno che è stato testimone di una scena: una notte, al momento dell’imbarco, una persona ha visto che l'imbarcazione era inadeguata e non voleva salirci… “pum pum”… gli hanno sparato. Quelle persone soffrono perché è il regno del terrore. Sono schiavi. Noi non possiamo mandarli indietro come in un ping pong. I migranti vanno accolti, protetti, promossi e integrati. Se tu non puoi integrarlo nel tuo paese, accompagnalo nella sua terra, ma non lasciarlo nelle mani dei criminali crudeli, disgraziati criminali che fanno tanto male. Questo è il problema delle migrazioni. Ci sono gruppi di persone che si dedicano a salvare vite in mare. Loro raccontano cose terribile. Ho invitato al Sinodo il capo della Ong Mediterranea, Luca Casarini. Da Lampedusa dieci anni fa le cose sono migliorate, allora non si avevano informazioni, non ci dicevano la verità, oggi c’è più coscienza, ne parlano tanti. Dobbiamo prendere a cuore queste situazioni. Vorrei che fosse come un grido: stiamo attenti, facciamo qualcosa». 

Che impressione ha avuto di Marsiglia?

«È una civiltà di tante culture, un porto di migranti. Marsiglia è una cultura di incontro. Convivono islamici, ebrei, cristiani. Si fa la convivenza. È una cultura dell’aiuto. È un mosaico creativo. Un porto che è un messaggio all’Europa. Marsiglia accoglie e fa una sintesi, senza negare l’identità. Dobbiamo prendere spunto per altre parti». 

Stamattina ha incontrato Macron dopo avere espresso il suo disaccordo all’eutanasia. Il governo francese sta per approvare una controversa legge sul fine vita: ne avete parlato? 

«Non abbiamo parlato di questo, ma ne abbiamo parlato nell’altra visita, quando il Presidente della Francia è venuto in Vaticano. Gli ho detto il mio parere chiaramente: con la vita non si gioca, all’inizio e alla fine. Bisogna custodire la vita. Perché poi finisci con quella politica del non dolore, dell’eutanasia umanistica. Attenti alle colonizzazioni ideologiche, vanno contro la vita umana. Con la vita non si gioca, mai».

La guerra in Ucraina. Zuppi è appena tornato da Pechino. Ci sono progressi sulla questione umanitaria, in particolare per i bambini deportati in Russia. Sente frustrazione per non avere ancora ottenuto risultati concreti?

«Qualche frustrazione si sente perché la Segreteria di Stato sta facendo di tutto, come anche la missione di Zuppi. Qualcosa per i bambini sta andando bene. Penso che questa guerra sia anche un po’ interessata, non è solo tra Russia e Ucraina: serve ad alimentare il traffico di armi, il commercio di armi. Mi dicevano che tra gli investimenti che rendono di più c’è l’industria delle armi. Nel frattempo,  il popolo ucraino è martire, la sua storia è martoriata, fa soffrire. Non è la prima volta, anche al tempo di Stalin ha sofferto tanto. E noi non dobbiamo giocare con il martirio di questo popolo, dobbiamo aiutare. Nelle guerre il reale è il possibile. Adesso ho visto che qualche paese si tira indietro, non dà le armi, e così inizia un processo in cui il martire sarà il popolo ucraino e questa è una cosa brutta».

Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 17:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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