Moana Pozzi, la madre: «Quel maledetto giorno in cui incontrò Schicchi e gli ultimi giorni in ospedale. Al cimitero non c'è pù, non dirò a nessuno dov'è»

Sabato 11 Novembre 2023
Moana Pozzi, la madre: «Quel maledetto giorno in cui incontrò Schicchi e gli ultimi giorni in ospedale. Al cimitero non c'è pù, non dirò a nessuno dov'è»

Rosanna Alloisio, 82 anni, è la madre di Moana Pozzi, la diva del porno morta il 15 settembre del 1994 a soli 33 anni per un tumore al fegato.  «Le ripetevo: “Non spogliarti, non li fare quei brutti film - racconta in un'inyervista al Corriere della Sera - Dio sa se ci ho provato a convincerla, non c’è stato santo. “Mammina, non ti arrabbiare, tanto lo so che mi vuoi bene lo stesso.

In fondo non piacciono nemmeno a me”, mi rispondeva». E ancora: «Litigavamo. Le passava subito. “Quelle parole cattive che ti ho detto, dimenticale, non ne pensavo nemmeno una”. Impossibile non amarla. A volte mi chiamava da Los Angeles solo per chiedermi una ricetta. O per dirmi che mi aveva comprato un paio di scarpe a pois, li adoravo. Non devo perdonarla di niente, quello spetta solo a nostro Signore».

L’infanzia e le Orsoline

La madre racconta che da piccola Moana era «una bambina tranquilla, curiosa. Amava tutti gli animaletti. Aveva una cornacchia, Penelope, le faceva il bagnetto nel catino. E dei criceti, di cui avevo il terrore. Da grandicella giocava solo con la Barbie. O con il Lego. A scuola era una meraviglia, imparò subito a leggere e scrivere. La sorella Tamiko è diversa, come la notte dal giorno». Andava dalle suore Orsoline «alle elementari, le piaceva. A Ovada, qui vicino, c’era la scuola di musica Rebora, Moana studiava chitarra classica, suonava sempre “Les jeux interdits”. Era brava, cantava bene. Amava il tennis, prese il brevetto da sub sul Mar Rosso con i militari americani. Faceva immersioni al lago di Bracciano, nell’acqua scura, non aveva paura di niente». Dice che non fumava, non beveva, non prendeva droghe.

L'incontro con Riccardo Schicchi

Poi a 18 anni andò a vivere a Roma. Le proponevano il cinema, lei posava come modella per i pittori: «Qualche particina, la tv. Noi sempre in trasferta, ci si vedeva poco o niente. Non so come o dove, un giorno purtroppo incontrò quello Schicchi. Ed entrò in quel mondo orribile. “Perché lo fai? Non ti rendi conto, finirai nel baratro”. Glielo spiegai in tutte le lingue. Però anche la migliore delle madri alla fine si stanca. “Non ti preoccupare, mamma, poi smetto”». Con i primi guadagni «comprò un piccolo appartamento dietro San Pietro, con un terrazzo pieno di fiori. E un attico sulla Cassia, pareva la casa di una principessa. Andavamo a pregare sulla tomba di Papa Roncalli, il suo preferito. Era molto religiosa». La madre non ha mai guardato un suo film a luci rosse: «Non potrei mai sopportarlo».

La storia con Bettino Craxi

Mentre con Bettino Craxi «non erano solo amici. Lui non mi piaceva. “Come fai a stare con quel vecchiaccio?”. “È intelligente, gentile, si prende cura di me”. “Ti credo”, pensavo. Cercava la figura paterna che non ha avuto. Per mio marito io e le figlie eravamo soltanto una scocciatura, questa è la verità. Una volta Moana tornò a casa con una maglietta da uomo, enorme. “Me l’ha lasciata Bettino”. “Oddio, sembra quella di un ippopotamo”. “Dai, mamma, cosa importa?”». Poi lui diventò geloso perché lei frequentava altri e si sono lasciati. Racconta del figlio Simone, che «non era suo figlio. Non ne ha mai voluti. “Si vergognerebbero di me”. Non è nemmeno mio, ma è come se lo fosse, sopravvivo per lui». Poi ha sposato Antonio Di Ciesco: «Sedicente marito. Matrimonio a Las Vegas, con una pergamena a fiorellini. Un nullafacente, le faceva da autista. Si strafogava di ostriche con i soldi di mia figlia. Ha aspettato che morisse per registrarlo, lei lo avrebbe ucciso. Sul certificato di morte c’era scritto “nubile”».

Il tumore al fegato

Poi la malattia: «Quanto ha sofferto, ma era una leonessa. Aveva ripreso peso. Nel letto d’ospedale, mi mostrò le gambe. “Sono tornate com’erano”. Due giorni prima di morire mi chiese di toglierle lo smalto alle mani, per metterne uno trasparente. “Ai piedi lasciami quello fucsia”. Con l’aiuto di un’infermiera si lavò i capelli, con tubi e flebo attaccati. Parlavamo, ridevamo, ero convinta che si riprendesse. “Appena esco ci trasferiamo in campagna e apro una libreria”. Quando è morta era serena, ancora bella, le ciglia lunghissime. “Non metto nemmeno il mascara”. Sembrava che dormisse». Adesso lei ha ritirato le ceneri dal cimitero: «Ma dove sono non lo dirò a nessuno».

Il sogno

E la ricorda come una ragazza fuori dal comune: «Faceva del bene pure ai sassi. Leggeva tanto, amava i classici, poi non so cosa è successo. Ancora oggi mi chiedo dove ho sbagliato, me ne faccio una colpa. Il parroco dice che non devo, che è così che era scritto in cielo. L’ho sognata soltanto una volta. Vestita di bianco, con una borsetta d’argento, scalza. “Sei senza scarpe”. “Dove sto andando non servono, è un bel posto, si sta bene”. E mi ha sorriso».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci